AUTORI

Ivan Ortenzi
Chief Innovation Evangelist

L’innovazione non bada al colletto

Ascolta

L’innovazione in azienda la fanno le persone. Certamente non la fanno gli strumenti, non le metodologie o i ruoli aziendali come mera scelta organizzativa. Questi elementi sono tutti fattori abilitanti di una cultura aziendale e di una propensione individuale alla messa in discussione dello status quo aziendale che nel contesto corporate assume le sembianze e la definizione di Modello di Business e di Modello Operativo.

Questa mia convinzione è maturata in anni di applicazione progettuale, di ricerca e di docenze in tema di Innovation Management e Innovation Strategy che mi hanno sempre dimostrato come il fattore di successo e di insuccesso di una strategia di Corporate Innovation, più o meno articolata, siano le persone. Forse per questo, o anche per questo, che spesso ricevo inviti a partecipare come testimonial o speaker in molti eventi dedicati a chi in azienda si occupa di persone.

In una di queste occasioni, qualche anno fa, rispondendo ad una domanda dal pubblico ebbi modo di coniare l’etichetta “red collar”. Il convegno, come detto, era dedicato alle funzioni HR delle aziende e il mio contributo era focalizzato proprio sul sottolineare come la funzione dedicata alla gestione delle “umane risorse”, definizione più volte suggeritami dall’amico Osvaldo Danzi, fosse non solo fondamentale nella diffusione e nella costruzione delle competenze, dell’attitudine e della consapevolezza degli approcci di Corporate Innovation e Corporate Creativity, ma che avrebbe dovuto affrontare un percorso di evoluzione del proprio perimetro d’azione aggiungendo un apice “2” all’acronimo HR.

Un’evoluzione da HR a HR2 dove l’estensione completa diventa “Human and robotic resources”. Ovvero l’integrazione nel perimetro delle competenze quantitative e qualitative alla gestione delle risorse non solo “di carbonio”, le persone, ma anche quelle di “silicio”, algoritmi e interfacce robotiche. Una visione che coinvolge anche la funzione HR nell’inesorabile percorso della Trasformazione Digitale nei suoi aspetti più sensibili di impatto sulle tipologie di lavoro, di lavoratori e dei mezzi di produzione in senso esteso, non solo pensato, descritto e applicato nella sfera dei nuovi lavori digitali, di servizio e a forte inclinazione manageriale. Un punto di vista che abbraccia tutti i settori da quello dei servizi sino a quelli più intimamente manifatturieri.

In occasione della consueta tavola rotonda con le previste domande dalla platea, dal pubblico presente, mi venne posta la domanda su un argomento molto dibattuto, spesso di difficile interpretazione, nelle aziende che investono e portano avanti piani di sviluppo delle risorse interne sul tema digitalizzazione, creatività, innovazione e cambiamento culturale nelle sole aziende manifatturiere.

La domanda che mi venne posta era relativa alla “difficoltà di coinvolgere le risorse delle aree produzione nei temi di cambiamento e innovazione” per non parlare dei temi legati alla “sostenibilità e ai temi di diversità e inclusione”.

Questa domanda, nelle sue differenti declinazioni e posta in questi termini, sottintende la presenza di una differenza professionale e antropologica tra i cosiddetti “white collar”, le risorse impiegatizie con funzioni di carattere intellettuale, non direttamente applicate all’attività produttiva ed estranee all’operatività sulle macchine delle fabbriche, e i “blue collar”, i lavoratori manuali che svolgendo operazioni “sporche” indossano abiti da lavoro meno pregiati.

Domanda che, a mio modo di vedere, ha un ulteriore sottotesto, ovvero la presunta facilità nell’affrontare questi temi, i temi della innovazione e del cambiamento, in aziende del settore dei servizi o in aziende digitali dove l’attitudine e il profilo professionale delle persone, in qualche modo, facilita l’affrontare questi argomenti. Mica in quel mondo delle fabbriche “sporche e disordinate” dove la ripetitività e le attività manuali possono essere un freno all’apertura mentale, alla curiosità e alle idee.

Non è questa l’occasione per addentrarsi nella natura, nella pratica e nei risultati di metodologie del miglioramento continuo come, a mero titolo d’esempio, il Kaizen, il SixSigma e la Lean Manifacturing. Non è la mia area e non mi compete, ma sarebbero sufficienti questi riferimenti ed applicazioni per sostenere una tesi opposta al sottotesto della domanda su citata.

Mi occupo di Corporate Innovation e di Innovation Management da quasi 20 anni supportando aziende in progetti operativi, strategici e anche in progetti di formazione e sviluppo delle competenze. Questi ultimi mi hanno consentito di lavorare con aziende di tutti i settori, nelle forme più ampie, sia con interventi per far crescere le figure manageriali, i famosi colletti bianchi in consapevolezza (“Shake Management”) e nelle competenze applicate (“Innovation Lab”) di innovazione del modello di business e del modello operativo. E progetti che hanno coinvolto le persone della produzione, del confezionamento, dello stoccaggio, del magazzino, della manutenzione agli impianti in progetti con le medesime finalità (“Fabbrica del Futuro” e “Real Digital Factory”).

Proprio sulla base di queste esperienze, alla “famosa” domanda che mi era stata posta, risposi che la soluzione alle presunte difficoltà di ingaggiare le risorse non manageriali o amministrative, avrebbe richiesto la capacità di andare oltre la classificazione anacronistica e manieristica del colore dei colletti tra “Bianco e Blu” introducendo, rimanendo in tema, un nuovo colore distintivo, ovvero quello dei colletti rossi, i “red collar”. Dove ancora una volta l’utilizzo del colore rosso stigmatizza l’energia, la forza della passione e del desiderio sotto tutte le sue forme.

Sotto la qualità dell’essere un o una “colletto rosso”, la funzione HR dovrebbe avere conoscenza di tutte quelle persone che all’interno dell’azienda, per la propria inclinazione attitudinale e spirito di iniziativa, sono accumunate dalla spinta alla novità, alla curiosità, al cambiamento e all’innovazione. Indipendentemente dalla loro mansione, dal loro job role e dalla loro formazione. Un asset aziendale di patrimonio intangibile da individuare, gestire e valorizzare. Un valore gestionale capace di concretizzare progetti e approcci al di là delle etichette. Un gruppo eterogeneo di umane risorse su cui fare leva per tutte quelle iniziative che poi chiamiamo change management, innovazione, creatività aziendale e cambiamento culturale.

Impossibile pensare di traghettare un’azienda verso l’innovazione o verso una nuova dimensione culturale in modo verticale, escludendo una qualsiasi parte della popolazione aziendale dal percorso di crescita o dallo sviluppo di competenze tecniche anche lontane dalla sfera professionale quotidiana. Ciò che conta sarà il tasso di adesione o di conversione nelle persone di questa “rossa” attitudine.

Oggi il 90% dei temi di formazione e di sviluppo delle competenze tecniche e manageriali nascono e devono essere implementati in modo trasversale per tutta la popolazione aziendale declinando le metodologie e gli strumenti di ingaggio in modo che si valorizzino le competenze e i ruoli specifici delle persone. In modo che possano essere valorizzati i “red collar”, le persone che ci credono che possono giocare un ruolo di evangelizzatori, di agenti del cambiamento, che partecipano attivamente allo sviluppo di un pensiero critico positivo, alle iniziative e ai processi di innovazione in azienda.

Nel corso degli anni e delle mie esperienze professionali ho potuto constatare i successi e gli insuccessi di queste strategie e di questi progetti tra Innovazione e HR. Che spesso hanno smentito pregiudizi e stereotipi sulle persone che lavorano in un’azienda.

Vorrei portare la mia esperienza condividendo un caso concreto che non rappresenta l’eccezione ma l’eccezionale risultato di una strategia aziendale diffusa e condivisa al di là delle divisioni delle mansioni.

Mi riferisco in particolare all’esperienza pluriennale che io e BIP stiamo conducendo in Andriani, l’azienda di Gravina di Puglia (BA) considerata tra le più importanti realtà nel settore innovation food, con uno stabilimento interamente dedicato alle produzioni gluten free e una storia di grande successo imprenditoriale, di innovazione e di mercato negli ultimi anni.

Andriani ha recentemente vinto la prima edizione del premio “Blue Collar” di Great Place to Work™ Italia, società di consulenza organizzativa in ambito HR e nello studio del clima aziendale, classifica basata sull’analisi delle opinioni di oltre 5.300 operai di 45 aziende italiane, delle quali il 97% appartenente al settore manifatturiero nelle sue diverse sfaccettature. Un premio che si affianca e avvalora il riconoscimento conseguito da Andriani negli ultimi due anni tra i Best Workplace™ Italia, grazie alla capacità di garantire un’esperienza lavorativa in grado di sviluppare il potenziale di ognuno, indipendentemente dalle caratteristiche personali, dal ruolo ricoperto in azienda e dalle mansioni svolte. Tra i fattori vincenti, la fiducia nei confronti della direzione aziendale, gli strumenti di lavoro e le risorse fornite in azienda, l’alto livello di engagement e l’attenzione alla sicurezza.

I riconoscimenti premiano una strategia aziendale che vive della visione imprenditoriale di Michele Andriani, Presidente e AD di Andriani S.p.A., Società Benefit e B Corp, e della tenacia manageriale di Mariangela Candido, HR & Organization Director di Andriani che in occasione del premio dedicato alle persone della produzione e delle attività ad essa collegate, ha dichiarato: “Siamo davvero orgogliosi di questo risultato, soprattutto in considerazione del periodo storico appena superato, durante il quale i nostri colleghi di stabilimento non hanno potuto usufruire dello smartworking e di altri strumenti di flessibilità e hanno affrontato, con grande senso di responsabilità e coraggio, una situazione particolarmente complessa. Come azienda ci siamo impegnati al massimo per supportarli e continuiamo a farlo, con l’obiettivo di migliorare sempre di più perché prenderci cura delle nostre persone ci sta molto a cuore“.

Andriani è l’esempio di un’azienda che ha saputo negli ultimi anni valorizzare le proprie persone secondo l’approccio “red collar” al quale, mi permetto di dire, abbiamo partecipato e contribuito con il disegno e la personalizzazione di un percorso di innovazione e di crescita delle competenze di tutte le persone dell’azienda

Un percorso del quale mi piace ricordare le tappe più significative per testimoniare che dalle visioni e dalle analisi si può passare alla componente progettuale e operativa. Un percorso disegnato, progettato ed eseguito partendo dalla volontà di ingaggiare tutte le risorse aziendali di Andriani a partire dal Presidente sino ad ogni singola umana risorsa dell’azienda.

Nella testimonianza che l’innovazione, il cambiamento e la crescita delle competenze passa attraverso le persone, il tempo dedicato e i corretti investimenti.

Quando ho incontrato per la prima volta l’azienda Andriani, abbiamo fatto una riunione con Mariangela Candido nella prima sede dell’azienda, in una stanza ricolma di scatole di pasta e scatoloni di documenti, in una situazione di trasloco e di evoluzione delle sfide aziendali. Quella dimensione non l’abbiamo mai abbandonata anche negli anni successivi, anche nel meraviglioso building che oggi fa invidia a molte aziende di settori molto più techno/digital di Andriani, sempre alla ricerca di nuove sfide e di nuovi modi per cercare e valorizzare i “red collar” dell’azienda:

  • 2019/2020 SMART WORKERS si nasce o si diventa? Un percorso di evoluzione verso un approccio smart al lavoro: progetto iniziale ispirato alla metodologia LEGO® SERIOUS PLAY® per tutta la popolazione aziendale. L’esigenza era quella di avvicinare e rendere le persone pronte al cambiamento organizzativo in atto che avrebbe impattato su comportamenti e abitudini lavorative. Facilitare la fase di passaggio e attivare il cambiamento dal lavoro tradizionale al lavoro contemporaneo alla luce della totale rivisitazione dell’ambiente e degli spazi di lavoro con lo spostamento e l’inaugurazione della nuova sede senza tralasciare le risorse professionali che non avrebbero potuto godere appieno dei nuovi spazi ma ingaggiandoli in un unico percorso progettuale.
  • 2020 VICINI PER NATURA: progetto per diffondere e costruire la volontà di allineare al modello di valori tutta l’organizzazione ingaggiando tutta la popolazione di Andriani su vision e strategie aziendali, promuovendo iniziative di sinergie con l’area produzione abilitando il cambiamento dei comportamenti nel nuovo building e del lavoro smart. Attraverso una metodologia di Co-design che ha alternato laboratori con risorse della stessa area aziendale e con gruppi di lavoro eterogenei tra persone con ruoli manageriali, amministrativi, della produzione e della logistica per valorizzare i contenuti delle competenze specifiche e per capitalizzare le iniziative passate e in essere pianificando iniziative di coinvolgimento e collaborazione tra aree aziendali differenti.
  • 2021 DIVERSITY AND INCLUSION: progetto per dare esecuzione all’attenzione dell’azienda sulle tematiche della diversità, dell’inclusione e del valore della partecipazione. Obiettivo perseguito attraverso lo sviluppo, su tutta la popolazione aziendale, di competenze e sensibilità relative ai temi della diversità e dell’inclusione non con l’obiettivo della cancellazione della differenza ma per valorizzare e comprendere la stessa in un perimetro di senso d’appartenenza ad una comunità che si basa su criteri differenti rispetto ai pregiudizi, alle differenze e alla univocità degli stereotipi. La capacità di elaborare le differenze in distintività e valore è uno dei criteri alla base dei processi di innovazione e di molti modelli di generazione d’innovazione anche in Andriani.
  • 2021/2022 OPEN INNOVATION: l’analisi della metodologia di innovazione diffusa nelle sue dinamiche e nei suoi strumenti di relazione con l’ecosistema di Andriani al suo interno e al suo esterno. La capacità di personalizzare gli elementi fondanti della metodologia sulla base del percorso di sviluppo dell’azienda e le sue ultime innovazioni di prodotto e di modello di business.
  • 2021/2022 FABBRICA FUTURO: un percorso progettuale dedicato alle risorse dell’area produzione che, valorizzandone le competenze, supporti l’analisi e la generazione di iniziative per consentire l’implementazione delle tecnologie nel contesto della fabbrica. L’innovazione digitale offre nuovi strumenti e nuove opportunità anche nelle aree aziendali più tradizionali e caratterizzate da processi produttivi e di manifattura. Il progetto ha consentito di analizzare e di definire le aree di miglioramenti e i vantaggi dell’introduzione di soluzioni digitali nelle funzioni e negli ambienti di produzione con particolare attenzione alla sicurezza e al benessere delle persone.
  • 2022 KYC: focalizzazione sulle opportunità che l’azienda ha nella raccolta di dati e informazioni sui clienti e sulle dinamiche del mercato. Queste informazioni possono essere integrate con analisi sul posizionamento competitivo e sulle dinamiche economico/sociali utilizzando metodologie per individuare nuovi spazi di mercato per nuovi prodotti. L’analisi strutturata del comportamento d’acquisto del nostro cliente (business e consumer) consente all’azienda di analizzare l’esperienza diretta e valutare l’opportunità di introdurre e sperimentare in modo agile nuovi processi e nuovi canali di vendita per costruire e capitalizzare l’esperienza di prodotto.

I risultati aziendali sono sotto gli occhi di tutti, dalla crescita del fatturato, delle persone sino ai recenti successi societari che hanno visto l’ingresso nel capitale dell’azienda, come socio di minoranza di Nuo, holding finanziaria nata dalla partnership tra Exor e World-Wide Investments. Andriani è stata capace di affiancare ai meritati premi sopra citati anche le risposte e il successo del mercato.

Un successo costruito attraverso competenze trasversali, approccio manageriale innovativo, una cultura aziendale d’appartenenza diffusa in tutte le persone, un obiettivo di vantaggio competitivo che si costruisce attraverso la visione e la passione.

Senza distinzioni ma sapendo valorizzare le differenze e il contributo che ciascuno può apportare all’azienda e mettendo tutti in condizioni di sicurezza e di benessere non solo professionale. Sono professionalmente e personalmente contento di aver visto da vicino questo modo di fare azienda e innovazione, puntando sul “rosso accesso” delle persone. Grazie a Michele, a Mariangela, a Danilo e tutte le persone di Andriani per l’atto di fiducia che si rinnova di anno in anno all’insegna dei famosi scatoloni nella sala riunione.

CONTENUTI CORRELATI

AUTORI

Ivan Ortenzi
Chief Innovation Evangelist

Contenuti correlati

Articoli correlati

I primi eventi dell’anno ci donano una consapevolezza: quella rincorsa alla normalità che ha caratterizzato il 2022 non si è compiuta.
Quando si parla di innovazione e creatività nelle aziende, il concetto è spesso equiparato alla gestione di un processo lineare. Dalla nostra esperienza, abbiamo notato che ogni azienda ha un modo diverso di pensare all’innovazione e creatività.