AUTORI

Francesca Pagliarulo
Retail & Consumer Goods Senior Consultant – Innovation Lab Coordinator
Irene Vitali
Retail & Consumer Goods Senior Consultant

Digital fashion: è un’opportunità di transizione per il settore? 

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L’industria della moda, che in questo periodo ha vissuto uno dei suoi momenti più importanti con la Milano Fashion Week, si sta muovendo verso un futuro più sostenibile. Ciò avviene grazie agli ambiziosi (benché spesso illusori) piani delle aziende per ridurre le emissioni di CO2, alle spinte istituzionali dei governi che promuovono nuove normative in ambito sostenibilità e alla maggiore consapevolezza dei consumatori. Tuttavia, è chiaro che il progresso raggiunto ad oggi non è abbastanza per affrontare le sfide climatiche, economiche e sociali del giorno d’oggi. 

Per questo, è diventato urgente per il mondo della moda premere l’acceleratore nell’attuare una transizione verso la circolarità e raggiungere una maggiore sostenibilità dell’intera filiera. In risposta a questa esigenza, la moda digitale si presenta alle aziende non più come strategia futura ma bensì come realtà presente nei processi decisionali e operativi che le aziende di questo settore affrontano ogni giorno. 

In questo contesto, gli attori dell’industria della moda si trovano davanti a una grande opportunità: adottare e far leva sulle tecnologie al momento presenti sul mercato per efficientare e ridurre l’impatto dei processi creativi, produttivi, logistici e di gestione dell’intera filiera. Il momento di agire ed utilizzare la tecnologia in vantaggio dell’ambiente è adesso; ed ecco allora che la scelta rispetto quali tecnologie includere nelle strategie digitali legate alla sostenibilità diventa fondamentale, in quanto ciò determinerà gli impatti – nonché il successo o fallimento – delle strategie stesse. 

Diventa quindi fondamentale analizzare lo stato attuale della sostenibilità dell’industria del fashion e analizzare i potenziali impatti della moda digitale sui processi mirati alla sostenibilità. 

Quanto è sostenibile l’industria della moda oggi?

Nel 2021, l’industria della moda è stata la terza più inquinante sul piano globale, essendo stata responsabile per circa il 5% dei gas serra totali emessi come viene dichiarato nel report Net-Zero Challenge del World Economic Forum.Ma questo è solo uno dei punti da attenzionare quando si parla di moda e sostenibilità. Di seguito alcuni punti altrettanto importanti, che ad oggi non possono non essere presi in considerazione.

Il ruolo dei consumatori e la gestione degli scarti

Nel 2021 circa 2,150 vestiti sono stati buttati ogni secondo, contribuendo alle 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili che ogni anno sono prodotti. In questo senso i consumatori sono però sempre più consapevoli del problema e stanno cambiando il loro modo di acquistare e usufruire dei vestiti; allo stesso tempo, stanno sempre di più spostando l’acquisto verso aziende che hanno a cuore la lotta al cambiamento climatico e i diritti umani.

Le azioni degli enti regolatori e il greenwashing

Inoltre, le apparenti buone intenzioni delle aziende di moda sono spesso messe in discussione dalle preoccupazioni dei consumatori in merito al greenwashing – “s. m. inv. Strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo” (Treccani) – e alla credibilità dei dati condivisi. In questo contesto, enti come l’Unione Europea stanno lavorando per promuovere leggi con il fine di impedire alle aziende di continuare a comunicare affermazioni fuorvianti riguardo ai benefici ambientali dei loro prodotti e/o servizi; così facendo si punta a favorire una maggiore trasparenza e chiarezza da parte delle aziende, tutelando quindi anche i consumatori e l’ambiente. Ad esempio, con la proposta di una nuova legge sulle indicazioni ecologiche, l’UE sta agendo per contrastare il fenomeno del greenwashing. La proposta richiede infatti alle compagnie di sostanziare le affermazioni fatte in ambito di sostenibilità ambientale o di performance dei loro prodotti, supportandoli con metodi robusti, verificabili e basati sulla scienza.

Le strategies delle aziende e il problema dell’over consumption & production

Allo stesso tempo, le promesse di circolarità – ovvero l’idea che comprando capi d’abbigliamento di seconda mano, meno capi nuovi verranno prodotti – sono lontane dalla realtà che osserviamo. Infatti, i consumatori stanno comprando sempre di più, di entrambi – e le aziende non hanno abbassato i livelli di produzioni di nuovi capi. Affinché si verifichino benefici materiali per la sostenibilità, i marchi devono spiegare se e come prevedono che la circolarità migliorerà la loro impronta ambientale totale come azienda (cosa che pochi fanno), e molti tacciono, in particolare, sul fatto che il commercio elettronico significherà produrre meno vestiti nuovi.

E la sostenibilità sociale?

Allo stato attuale, la ricerca sui posti di lavoro nell’economia circolare mostra un forte orientamento verso il nord del mondo. Questo pregiudizio non affronta l’impatto che gli interventi di economia circolare hanno sulle persone nei Paesi del sud del mondo, sui lavoratori atipici, sulle donne, sui migranti, sui giovani e su altre popolazioni vulnerabili. In particolare, i cinque temi chiave che rappresentano opportunità e sfide cruciali per quanto riguarda la capacità dell’economia circolare di creare una società più giusta e inclusiva sono:

  1. Mercato del lavoro e trasformazione settoriale
  2. Informalità ed economia circolare – in particolare, è necessario porre attenzione alle condizioni di lavoro pericolose e l’esposizione a materiali tossici associati ad attività circolari come la gestione dei rifiuti, il riciclo, la riparazione e il riuso
  3. Riallocazione dei posti di lavoro e sviluppo delle competenze
  4. Condizioni di lavoro e protezione sociale
  5. Discriminazione di genere ed equità sociale

Inoltre, le controversie sullo sfruttamento dei lavoratori e la violazione delle norme etiche dovrebbero essere risolte in modo trasparente ed equo. Al momento, nel settore del fashion, questi standard etici minimi non sono assolutamente rispettati.La moda ha quindi tutte le carte in regola per giocare un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico e i suoi attori e stakeholders devono spingere l’industria verso un’alternativa sostenibile rispetto al tradizionale, lineare fast fashion. Come riuscirci?

L’industria della moda può migliorare la sua impronta attraverso il digital fashion

Negli ultimi anni l’industria della moda sta subendo una trasformazione significativa che ha visto come motori di sviluppo sia la sostenibilità che l’innovazione. L’interconnessione fra questi ultimi due sta favorendo l’ascesa di nuovi trend, mutando il panorama del fashion fino ad ora conosciuto. Tra i nuovi trend in particolare troviamo il concetto di digital fashion

Per digital fashion si intende la digitalizzazione attraverso tecnologie informatiche e software 3D di capi ed accessori iperrealistici che possono essere indossati nel mondo virtuale. 

Ma come il digital fashion può impattare sulla sostenibilità? 

La moda digitale permette ai brand di affrontare diverse sfide per la sostenibilità; in particolare le 3 sfide chiave che ad oggi impattano la fashion industry sono: 

  1. L’insostenibile costo dei resi: La gestione dei resi è un grande problema che affligge i brand in quanto essi toccano sia l’aspetto economico (diminuzione del fatturato, incremento dei costi operativi e aumento della difficoltà di gestione dell’inventario) che l’aspetto sostenibile (incremento delle emissioni di carbonio, consumo delle risorse e generazione di rifiuti se il capo non può essere rivenduto) di un’azienda. Con il digital fashion, i consumatori possono “provare” gli abiti virtualmente riducendo i tassi di restituzione fino al 30%. Questa riduzione si traduce in significativi vantaggi ambientali. Ad esempio, se un marchio di moda registra un tasso di restituzione del 20% sulle vendite online e il digital fashion riduce questo tasso al 10%, significa che il 10% in meno di articoli viene rispedito ai magazzini. Questa riduzione dei resi comporta una diminuzione delle emissioni di trasporto, dei rifiuti di imballaggio e dell’impronta di carbonio complessiva ed impatta positivamente sulla marginalità del profitto. Inoltre, ciò riduce al minimo la necessità di visitare i negozi ed aumenta la soddisfazione dei consumatori che non devono subire ritardi nei rimborsi o difficoltà a trovare gli articoli preferiti a causa delle frequenti situazioni di esaurimento scorte.
  2. Estensione del lifespan del prodotto: Gli abiti e gli accessori tradizionali hanno una durata fisica limitata a causa dell’usura, dello sbiadimento e del cambiamento delle tendenze della moda. Al contrario, vestiti ed accessori digitali esistono solo nel mondo virtuale, il che significa che non si deteriorano o si consumano nel tempo prolungando così la loro durata di vita all’infinito. Inoltre, le opzioni di personalizzazione nella moda digitale possono incoraggiare i consumatori a investire in articoli custom che è più probabile che conservino e custodiscano, prolungando potenzialmente la vita del loro guardaroba virtuale. Questo contrasta con il modello della fast fashion, che spesso incoraggia l’abbigliamento usa e getta; un trend in aumento a causa della voglia di mostrare ogni giorno capi nuovi sui social media. Infatti, una ricerca della Barclays Bank ha dimostrato che il 9% dei clienti di alcuni Paesi sviluppati acquista vestiti nuovi solo per scattare una foto sui social media1. La moda digitale permette ai consumatori di sperimentare stili audaci e non convenzionali senza impegnarsi in acquisti fisici. Questo riduce il rischio di acquistare capi che possono essere indossati solo una o due volte prima di essere scartati.
  3. Impatto sulle emissioni ambientali: La produzione di capi d’abbigliamento digitali comporta una riduzione dei rifiuti, dell’energia e dell’impronta di carbonio. Come? Secondo il report pubblicato da Roblox & Parsons School of Design nel 2022 che ha visto intervistati 1,000 Gen Z, 2 su 5 dichiara che l’espressione di sé nel mondo digitale (attraverso abbigliamento e accessori) è già più importante rispetto a quella nel mondo fisico2. Inoltre, secondo il report di sostenibilità di DRESSX3, azienda leader nello sviluppo di capi digitalizzati la produzione di un capo digitale, in media, lascia un’impronta di CO2 inferiore del 97% poiché per la sua creazione o utilizzo non vengono utilizzati acqua o sostanze chimiche, e non comporta lo spargimento di microplastiche o il degrado del suolo, rispetto alla produzione di un capo fisico.Quindi, sostituendo solo l’1% degli abiti fisici con capi digitali, risparmieremo 5 trilioni di litri d’acqua ed elimineremo l’impronta di carbonio annuale dell’industria della moda di 35 milioni di tonnellate, pari alle emissioni totali di carbonio della Danimarca nel 2017. Ciò non vuol dire sostituire del tutto i capi fisici con quelli digitali (ciò sarebbe impossibile!) ma l’aumento dell’impatto che le nuove tecnologie, come il metaverso e il digital fashion, stanno avendo sui giovani consumatori della Gen Z sicuramente può portare a disaccoppiare con successo la crescita finanziaria delle aziende di moda alla produzione fisica e quindi all’estrazione di materie prime.

L’obiettivo, dunque, deve essere quello di aumentare la consapevolezza rispetto ai benefici che una strategia di digital fashion può portare alle aziende del mondo moda, supportandole nell’accelerare entrambe le transizioni, digitale e sostenibile. Le aziende possono infatti far leva sulle nuove tecnologie per affrontare temi chiave come sovrapproduzione e consumo, inquinamento e insostenibilità dei processi di design, produzione e vendita dei capi di abbigliamento. Grazie all’ideazione e implementazione di soluzioni tecnologiche innovative, la moda ha quindi una grande opportunità di risolvere le grandi sfide che è chiamata ad affrontare.

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