AUTORI

Marco Bertoli
Partner
Simone Parrotta
Manager

Clean Industrial Deal, decarbonizzare per migliorare la competitività delle imprese europee 

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Le politiche contenute nel patto della Commissione europea mirano a trasformare l’industria dell’UE in un modello globale di sostenibilità e innovazione. Se adeguatamente integrate con politiche industriali, commerciali e di concorrenza, possono rappresentare un potente impulso per la crescita economica e un un futuro più verde, pulito, sano e prospero 

Trasformare la decarbonizzazione in un potente motore di crescita e prosperità per le industrie europee. È il principio cardine da cui prende le mosse il Clean Industrial Deal (CID) che mira a incentrare le imprese dell’UE su criteri di sostenibilità, valorizzandone ulteriormente la competitività globale. Il progetto della Commissione europea di trasformare l’industria dell’UE, presentato lo scorso 26 febbraio, mira a ridurre le emissioni del 90% entro il 2040 e punta alla neutralità climatica entro il 2050. Nel Clean Industrial Deal sono contenute una serie di azioni finalizzate a concretizzare questi ambiziosi obiettivi. Azioni che vanno dalla riduzione dei prezzi dell’energia alla creazione di posti di lavoro di qualità. Il fine è quello di implementare condizioni ideali per permettere alle imprese di prosperare.  

Il contesto e gli obiettivi 

I cambiamenti climatici, la competitività e la dipendenza dalle materie prime critiche sono tra le questioni prioritarie che l’Unione europea deve affrontare con una certa urgenza. La decarbonizzazione è cruciale su tutti questi tre fronti. E le politiche che la incoraggiano potrebbero rivelarsi determinanti per la crescita economica dell’UE, ma dovranno essere integrate adeguatamente con politiche industriali, economiche, commerciali e di concorrenza. Per questo l’UE ha la necessità impellente di un piano operativo incisivo, che coniughi una seria azione per il clima, la circolarità e la competitività, in una strategia universale di crescita.  

L’intesa raggiunta con il CID prevede misure volte a dare impulso a tutte le fasi della produzione e si concentra in particolare sui settori ad alta intensità energetica come la siderurgia, la metallurgia e l’industria chimica, che hanno urgente bisogno di sostegno per il loro processo di decarbonizzazione, per passare dunque a fonti energetiche pulite e per far fronte alla questione dei costi elevati, alla concorrenza sleale internazionale e alla complessità del quadro normativo di riferimento. In questo contesto, il settore delle tecnologie pulite sarà centrale per la competitività futura, oltre a essere necessario per la trasformazione industriale, la circolarità economica e in definitiva per la decarbonizzazione.  

La circolarità, in particolare, è un elemento chiave del piano della Commissione europea perché spinge a sfruttare al meglio le risorse limitate dell’UE, puntando a ridurre i rifiuti e prolungare la vita dei materiali, promuovendo il riciclaggio, il riutilizzo e la produzione sostenibile. Inoltre, l’accordo è incentrato anche su una serie di elementi trasversali necessari per un’economia competitiva:  

  • la riduzione degli oneri burocratici
  • lo sfruttamento delle possibilità offerte dalle dimensioni del mercato unico
  • la promozione di posti di lavoro di qualità
  • un migliore coordinamento delle politiche a livello nazionale e dell’UE. 

Il CID si inserisce comunque nella rotta tracciata dal Green Deal europeo e ne conferma così gli obiettivi ambiziosi: la riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra del 55% entro il 2030, del 90% entro il 2040 e la decarbonizzazione totale dell’economia dell’UE entro il 2050.  

Tempi e soldi 

Il Clean Industrial Deal è un piano attuativo che rende la decarbonizzazione un obiettivo raggiungibile e, soprattutto, redditizio per le imprese europee. L’accordo prevede una serie di misure volte a rafforzare l’intera catena del valore industriale e funge da quadro di riferimento per declinare le varie azioni a settori specifici (siderurgia, metallurgia, chimica, industria automobilistica e tecnologie pulite). Il CID mobiliterà oltre 100 miliardi di euro per sostenere l’industria manifatturiera pulita nell’UE. Entro il 2030, si prevede che questo mercato europeo crescerà di 100 miliardi di euro. Ciò porterà alla creazione di 500.000 nuovi posti di lavoro.  

In particolare, la Commissione europea intende rafforzare il Fondo per l’innovazione e proporre una Banca per la decarbonizzazione industriale, con l’obiettivo di ottenere un finanziamento di 100 miliardi di euro. Tra le sue priorità assolute c’è quella di adottare un nuovo quadro di aiuti di Stato per il Clean Industrial Deal, al fine di accelerare l’approvazione degli aiuti di Stato per l’introduzione delle energie rinnovabili, la decarbonizzazione dell’industria e la garanzia di una sufficiente capacità produttiva di tecnologie pulite. Entro la prossima estate, è prevista l’approvazione (da parte del Consiglio e del Parlamento europeo) di una serie di semplificazioni normative per agevolare proprio gli aiuti di Stato.  

Tra le altre azioni secondarie che la Commissione europea intende intraprendere c’è quella relativa al lancio di un bando dedicato nell’ambito di Horizon Europe con il fine di stimolare la ricerca e l’innovazione in questi settori. Nei piani della Commissione c’è anche quello di modificare il regolamento InvestEU per aumentare l’importo delle garanzie finanziarie che può fornire a sostegno degli investimenti. Questa mossa consentirà di mobilitare fino a 50 miliardi di euro per la diffusione di tecnologie pulite, mobilità pulita e riduzione dei rifiuti. Nel prossimo bilancio dell’UE, infine, sarà inserito un Fondo per la competitività che mira a creare capacità di investimento per i progetti europei con il più alto valore aggiunto per l’Unione, che abbracci tutte le fasi del percorso di investimento (ricerca e innovazione, espansione, applicazione industriale e produzione), a partire dal campo delle tecnologie pulite e della decarbonizzazione industriale. 

Dentro il CID: i sei pillar  

In che modo il patto per l’industria pulita supporterà l’industria dell’Unione europea? Ecco i sei pilastri del Clean Industrial Deal definiti dalla Commissione europea che sostengono la crescita e la prosperità dell’industria lungo tutta la catena del valore: 

1. Energia a prezzi accessibili → la Commissione Europea ha adottato un  piano d’azione per l’energia a prezzi accessibili al fine di accelerare la diffusione dell’energia pulita e l’elettrificazione; completare il mercato interno dell’energia con interconnessioni fisiche; usare l’energia in modo più efficiente e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. In questo modo si mira a tagliare le bollette delle industrie, delle imprese e delle famiglie e a promuovere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.   

2. Aumento della domanda di prodotti puliti → L’atto legislativo sull’accelerazione della decarbonizzazione industriale stimolerà la domanda di prodotti puliti fabbricati nell’UE introducendo, negli appalti pubblici e privati, sia criteri di sostenibilità e resilienza sia criteri attinenti alla fabbricazione europea (“made in Europe“). 

3. Finanziamenti per la transizione pulita → Il CID mobiliterà oltre 100 miliardi di euro di finanziamenti a sostegno della produzione pulita nell’UE. La Commissione intende: 

  • adottare una nuova disciplina per gli aiuti di Stato al fine di accelerarne l’approvazione, con l’obiettivo di diffondere le energie rinnovabili, decarbonizzare l’industria e garantire una sufficiente capacità manifatturiera di tecnologie pulite; 
  • potenziare il Fondo per l’innovazione e proporre la creazione di una banca per la decarbonizzazione industriale, con l’obiettivo di mettere a disposizione 100 miliardi di euro di finanziamenti; 
  • pubblicare un bando specifico di Orizzonte Europa per stimolare la ricerca e l’innovazione in questi campi;  
  • modificare il regolamento InvestEU per aumentare la quantità di garanzie finanziarie che esso può fornire a sostegno degli investimenti, con l’obiettivo di mobilitare fino a 50 miliardi di euro per la diffusione delle tecnologie pulite, la mobilità pulita e la riduzione dei rifiuti.  

4. Circolarità e accesso ai materiali → Le materie prime critiche sono fondamentali per l’industria europea. L’UE deve assicurarsi di poterne disporre e svincolarsi dai fornitori inaffidabili. Integrare la circolarità nella nostra strategia di decarbonizzazione è fondamentale per sfruttare al meglio le limitate risorse dell’UE. Per questo la Commissione intende:  

  • istituire un meccanismo che consenta alle imprese europee di coalizzarsi e aggregare la domanda di materie prime critiche; 
  • creare un centro europeo per le materie prime critiche destinato all’acquisto comune delle materie prime per conto delle imprese interessate; 
  • adottare,  nel 2026, un atto legislativo sull’economia circolare per accelerare la transizione verso l’economia circolare per garantire che i materiali che scarseggiano siano utilizzati e riutilizzati in modo efficiente, per ridurre le nostre dipendenze a livello mondiale e per creare posti di lavoro di alta qualità. L’obiettivo è arrivare al 24% di materiali circolari entro il 2030.  

5. Azione su scala mondiale → L’UE in questa fase ha un forte bisogno di partner mondiali affidabili. Per questo la Commissione intende:  

  • avviare i primi partenariati per il commercio e gli investimenti puliti per diversificare le catene di approvvigionamento e concludere accordi reciprocamente vantaggiosi;  
  • garantire la sicurezza economica e la resilienza dell’industria dell’UE di fronte alla concorrenza mondiale e alle incertezze geopolitiche tramite una serie di strumenti di difesa commerciale; 
  • semplificare e potenziare il meccanismo CBAM (Carbon Border Adjustment Mecanism), lo strumento con cui l’UE vuole evitare il fenomeno del Carbon leakege ovvero la ricollocazione delle produzioni nei paesi con normative ambientali meno rigide attribuendo un prezzo equo al carbonio emesso durante la produzione di beni ad alta intensità di carboni o(es. acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti).  

6. Competenze e posti di lavoro di qualità → La forza lavoro dell’UE deve disporre delle competenze necessarie per sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, a partire dal campo delle tecnologie pulite, della digitalizzazione e dell’imprenditorialità. A questo fine sarà presto istituita un’Unione delle competenze che investirà nei lavoratori, svilupperà le competenze e creerà posti di lavoro di qualità. Inoltre, Erasmus+ potenzierà i programmi di istruzione e formazione per sviluppare una forza lavoro qualificata, che sia in grado di adattarsi e di supplire alle carenze di competenze in settori chiave, con finanziamenti fino a 90 milioni di euro. 

Il quadro normativo 

Il quadro normativo in cui si inserisce il Clean Industrial Deal offre garanzie di stimolo alla competitività, in quanto dà certezza e prevedibilità alle imprese e agli investitori, rassicurando i settori industriali coinvolti del fatto che l’Europa è determinata a trasformarsi in un’economia decarbonizzata entro il 2050. A tale fine, come analizzato nel corso di questo approfondimento, la Commissione si premura di adottare misure finalizzate a rendere il contesto normativo più snello ed efficiente, semplificando le regole sulla sostenibilità e sugli investimenti, riducendo allo stesso tempo le spese amministrative e gli oneri burocratici per le imprese.  

Le misure indispensabili a cui è giunta oggi la Commissione europea con il CID sono il risultato del coinvolgimento attivo dei leader dell’industria, delle parti sociali e della società civile, e sono maturate nel contesto della Dichiarazione di Anversa per un patto industriale europeo e dei Dialoghi sulla transizione pulita intavolati dalla Commissione Europea a inizio 2024. Negli orientamenti politici 2024-2029, la presidente Ursula von der Leyen ha annunciato un patto per l’industria pulita tra le sue massime priorità, per garantire competitività e prosperità nell’Unione: “L’Europa non è un continente di sola innovazione industriale, ma anche di produzione industriale – ha dichiarato in quella occasione -. La domanda di prodotti puliti ha tuttavia subito un rallentamento e alcuni investimenti si sono spostati in altre regioni. Sappiamo che sono ancora troppi gli ostacoli con cui le imprese europee devono fare i conti, dai prezzi energetici elevati agli oneri normativi eccessivi. Il Clean Industrial Deal mira a eliminare gli impedimenti che ancora frenano le imprese europee e a presentare dei solidi argomenti economici a favore dell’Europa“.  

Da una recente indagine della Commissione europea è emerso che gli Stati membri hanno bisogno di maggiore flessibilità per sostenere la decarbonizzazione. Entro la prossima estate, la Commissione adotterà una nuova disciplina per gli aiuti di Stato nell’ambito del patto per l’industria pulita per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili, realizzare la decarbonizzazione industriale e garantire una sufficiente capacità manifatturiera di tecnologie pulite. La nuova disciplina semplificherà dunque le norme sugli aiuti di Stato mantenendo al contempo condizioni di parità

Gli impatti socioeconomici 

L’adozione di misure concrete volte a realizzare gli obiettivi del Clean Industrial Deal avrà allo stesso tempo una serie di impatti socioeconomici davvero interessanti. A cominciare da quelli legati a una crescita economica verde e a uno sviluppo sostenibile che sposano i principi della tutela dell’ambiente e della biodiversità. Investimenti in energie rinnovabili, tecnologie verdi e produzioni improntate a criteri di sostenibilità, mentre generano posti di lavoro di qualità e rafforzano l’economia globale, migliorano anche la salute del pianeta e dunque delle specie che lo abitano e della collettività in genere. La transizione verso un’industria più pulita stimola l’innovazione e crea nuove opportunità economiche. Per questo le imprese che adottano pratiche industriali sostenibili possono trarre vantaggio dalla crescente domanda di prodotti ecologici e dall’accesso a incentivi fiscali e sussidi governativi. Il risultato è l’aumento della competitività delle aziende che abbracciano questo modello e che, tra le altre cose, finiscono con il posizionarsi sempre meglio per rispondere alle sfide future legate a normative ambientali via via più stringenti.  

Altro impatto cruciale che si potrà sperimentare con l’adozione di questo tipo di economia sostenibile è quello legato ai notevoli benefici per la salute di tutti. Innegabilmente, la riduzione dell’inquinamento atmosferico e delle emissioni industriali produrrà vantaggi diretti sulla salute delle persone e, in secondo piano, sui costi per la sanità pubblica. Un ambiente più sano equivale a contrarre meno malattie respiratorie ed altre patologie legate all’inquinamento conosciute in misura crescente negli ultimi anni. Infine, va sottolineato anche un tema di rafforzamento della resilienza. In questa epoca ricca di sfide legate agli effetti, già sperimentati, del cambiamento climatico, le imprese che puntano i loro investimenti sulla sostenibilità sono di gran lunga meglio equipaggiate per affrontare eventi climatici estremi o la scarsità delle risorse naturali. In questo senso, la resilienza delle aziende che abbracciano i processi contenuti del CID può rappresentare una chiave fondamentale per la loro longevità

Le sfide da superare  

Si peccherebbe di troppo ottimismo se non si considerassero le sfide da affrontare e gli ostacoli da superare davanti all’ambizione di trasformare l’industria europea in un modello economico verde e pulito. Ogni cambiamento implica delle resistenze legate a fattori culturali, contestuali, economici. E, sebbene il Clean Industrial Deal offra numerosi vantaggi e possa rivelarsi un potente motore di crescita e prosperità se accompagnato ad adeguati investimenti, ci sono delle sfide cruciali di cui i Paesi membri e le imprese dell’UE devono farsi carico di affrontare. Sotto il profilo finanziario, occorre un adeguato ammontare di risorse per dare un impulso tangibile alla concretizzazione del piano della Commissione europea. La transizione a un’industria pulita richiede infatti ingenti investimenti in ricerca e sviluppo, nuove infrastrutture e anche la necessità di aggiornare le competenze della forza lavoro coinvolta lungo la catena del valore. 

Altri ostacoli potrebbero manifestarsi nel momento in cui si rendono necessarie politiche pubbliche e normative decisamente più forti per sostenere l’adozione di tecnologie pulite, colonna portante del patto. Sul piano reale, potrebbe accadere per esempio che la mancanza di incentivi economici adeguati e il costo elevato delle tecnologie verdi frenino le aziende dall’intraprendere il processo di transizione a cui tutte dovrebbero dedicarsi per un cambiamento davvero incisivo a livello europeo. Inoltre, alcuni specifici settori industriali potrebbero mostrare una maggiore resistenza al cambiamento, vuoi perché lo stato attuale delle cose è più comodo ed economicamente conveniente, vuoi perché culturalmente costa meno sacrifici mantenere lo status quo, vuoi perché si tratta di settori in fase di transizione in cui non si è ancora affermata una nuova tecnologia predominante. Si pensi, per esempio, ai settori che dipendono ancora fortemente dai combustibili fossili, come l’industria estrattiva o quella dei trasporti dove elettrificazione, idrogeno e biomasse sono tutte tecnologie allo studio.  

Snocciolate alcune delle difficoltà che potrebbe comportare l’attuazione del piano, i tempi che corrono e il contesto in cui siamo calati ci impongono di volgere lo sguardo al futuro e di tenere sempre bene a mente che le opportunità di innovazione, crescita economica e miglioramento della qualità della vita che offre il Clean Industrial Deal sono potenzialmente enormi. Abbracciare un modello industriale pulito non è solo un dovere, una responsabilità diffusa. Anzi: va interpretato soprattutto in chiave di opportunità per le aziende di rimanere competitive nel medio-lungo termine in un mondo sempre più attento alla sostenibilità e alla produzione pulita. Le nuove generazioni sono e saranno sempre più sensibili alla sostenibilità ambientale, adoperarsi in questa direzione può diventare anche una leva di Marketing rilevante in primis per le aziende B2C. Con un supporto adeguato da parte degli organismi legislativi, con gli investimenti necessari e con gli strumenti giusti per le imprese, il CID può trasformarsi in un potente motore per un futuro più verde, pulito, sano e prospero.  

E sul piano reale? 

Come si traduce tutto questo per le imprese sul piano reale? Quali settori industriali ne trarranno vantaggio in modo particolare? Il Clean Industrial Deal spinge fortemente verso l’elettrificazione e la produzione di energia pulita. Questo significa più incentivi per tutte quelle aziende che operano nel settore dell’idrogeno verde, della cattura e dello stoccaggio dell’anidride carbonica, delle batterie avanzate e delle reti elettriche intelligenti. In generale, poi, uno degli obiettivi chiave del CID è quello di premiare le aziende che investono in tecnologie più pulite. Quindi, tutte quelle che riusciranno ad aggiornare i propri processi produttivi in questo senso avranno diritto a fondi per la decarbonizzazione industriale, ad agevolazioni sugli appalti pubblici e privati e a nuove opportunità di mercato. Le imprese che sfrutteranno le opportunità offerte dalla digitalizzazione e investiranno nelle tecnologie verdi, sia per gestire meglio i processi di produzione lungo la catena del valore sia per abbracciare nuovi modelli di business, potranno avere un ruolo chiave nella nuova industria europea improntata a criteri di sostenibilità, basse emissioni e tutela dell’ambiente.  

Le opportunità di business per l’Italia 

Il Clean Industrial Deal rappresenta un’opportunità strategica per l’Italia, combinando sostegno finanziario, semplificazione burocratica e protezione del mercato per accelerare la transizione ecologica senza penalizzare la competitività delle imprese ma, anzi, mirando a renderla più redditizia. In particolare, gli investimenti su rinnovabili e idrogeno verde possono diminuire l’esposizione del paese alle fluttuazioni dei prezzi dei combustibili fossili. Da questo meccanismo le industrie manifatturiere ed energivore (come, ad esempio, il settore siderurgico, chimico e cementiero) trarranno notevoli benefici.  

Il CID può essere anche una leva per rafforzare e sostenere la crescita del Made in Italy sostenibile. Ma per cogliere le opportunità contenute nell’accordo l’Italia deve prima di tutto agire affinché vengano ridotti e snelliti i vincoli burocratici. Ad oggi, il processo autorizzativo per nuovi impianti di energie rinnovabili e innovazioni industriali è lungo e complesso e le aziende trovano difficoltà nell’ottenere incentivi e finanziamenti a causa delle lungaggini imposte dalla frammentazione burocratica. Questo appare oggi il principale ostacolo da rimuovere per abilitare le imprese italiane ad adottare il miglior modello economico sostenibile individuato ad oggi dall’Unione europea. Rimuovere tali ostacoli dal contesto italiano darà respiro a tutti i settori industriali e aiuterà soprattutto le piccole e medie imprese che non hanno la struttura e le potenzialità per sostenere l’attuale peso burocratico. 

L’adozione di pratiche sostenibili e l’investimento in tecnologie pulite potrebbero aprire nuove opportunità in mercati alternativi e rafforzare la posizione delle imprese italiane nel mercato interno dell’UE. Analogamente la crescente domanda globale di prodotti sostenibili potrebbe compensare, almeno in parte, le perdite derivanti dalle restrizioni commerciali statunitensi 

I prossimi passi 

In forte sinergia con il CID anche il Dialogo Strategico sull’Acciaio, convocato dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen il 4 marzo 2025, ha segnato l’inizio di discussioni approfondite per sviluppare un Piano d’Azione per l’Acciaio e i Metalli, con l’obiettivo di affrontare le sfide specifiche di un settore ad alta intensità di carbonio e particolarmente impattato dai costi dell’energia. 

ll Clean Industrial Deal come visto delinea una serie di iniziative strategiche, molte delle scadenze specifiche e dei dettagli operativi saranno definiti attraverso successivi atti legislativi e consultazioni con le parti interessate.  

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