
Una roadmap costruita a partire da una vision poco chiara rischia di trasformarsi in un mero elenco di attività operative. Tuttavia, ancora oggi molte aziende tendono a concentrarsi sulla pianificazione delle singole attività, senza interrogarsi in modo approfondito sulla direzione strategica da intraprendere.
Come possiamo costruire una roadmap che trasformi vision e mission in scelte concrete e sostenibili? Come evitare la trappola delle opportunità che non generano valore reale nel lungo termine? Per rispondere a queste domande, abbiamo parlato con Vito Lomele, co-founder di Fiscozen e imprenditore digitale, con cui abbiamo esplorato come costruire una strategia di prodotto coerente, come bilanciare dati e intuizione nelle scelte e come la roadmap possa diventare un vero strumento di connessione tra strategia e azione.
Buongiorno Vito, dove inizia la tua storia? Come sei arrivato a ricoprire il tuo ruolo attuale?
Attualmente sono co-founder di Fiscozen, una realtà nata nel 2018 per supportare circa 3 milioni di partite IVA in Italia, ma la mia storia inizia nel 2007 quando ho fondato Jobrapido, una piattaforma per la ricerca del lavoro attiva in diversi Paesi. Grazie a questa esperienza sono diventato un imprenditore digitale e mi piace definirmi proprio così: adoro costruire cose, lavorare con le persone e risolvere problemi insieme a loro.
Nel mio percorso, soprattutto agli inizi, ho dovuto imparare molto da solo, perché in Italia c’era poca consapevolezza del mondo del digital product e in generale su come costruire una strategia solida, aspetto fondamentale del fare impresa.
Parliamo di strategia.
Sì, la strategia di prodotto è una parte della strategia aziendale complessiva. Lo strumento che vi propongo, la roadmap, è valido per ogni tipo di azienda e strategia, ma si applica molto bene al contesto digitale. È un modo per chiarire la direzione da prendere per raggiungere l’obiettivo finale che tipicamente per ogni azienda è avere il 100% di un mercato, o, in una prospettiva più di prodotto, risolvere un’esigenza per il 100% della popolazione che ha quella necessità.
Entriamo nel dettaglio della roadmap. È uno strumento noto a tutti, ma spesso le aziende non hanno una chiara idea di come implementarlo e ci chiedono un supporto. Partendo dal racconto del tuo sketch, come si costruisce una roadmap efficace?
La roadmap è uno strumento efficace perché ti consente di dare una direzione alle attività in un determinato orizzonte temporale, ma non è per niente facile se non si è certi di quale debba essere il punto di arrivo dell’azienda. Infatti, la capacità di fare una roadmap efficace dipende da quanto si vede lontano e se si sa dove si sta andando, se la vision non è chiara, si finisce per concentrarsi solo sui passi immediati.
Tutto il discorso che farò sarà basato sul presupposto di avere una vision. Se non c’è, costruire la roadmap anche solo di un team, è molto più complesso. Devi basarti sul pezzettino che vedi, ovvero quello che ti racconta il capo dipartimento. Idealmente bisognerebbe chiedere all’ AD qual è la meta, perché qualsiasi cosa si faccia, in ogni area, serve ad avvicinarsi all’obiettivo e tutto dovrebbe essere in linea con esso.
La vision può essere quindi vista come il principale driver per costruire la roadmap? Deve conoscerla il CEO?
Assumiamo il caso ideale – che dovrebbe essere la norma; il CEO e il leadership team hanno chiara la vision. Il profilo dell’azienda ideale poi detterà tutte le altre conversazioni. In genere, il mercato è già stato scelto, ma spesso il CEO non ha tutte le competenze necessarie per definire, da solo, la migliore soluzione per servire quel mercato nel modo più efficace. È qui che entra in gioco il team di leadership: ciascuno, con il proprio bagaglio di esperienza e competenze, dovrebbe contribuire a immaginare come sarebbe possibile farlo se l’azienda fosse nella sua forma ideale. Ed è proprio questa visione dell’“azienda ideale” che dovrebbe guidare tutte le conversazioni strategiche a seguire.
Quanto contano i dati nel processo di elaborazione della vision? E Quanto, invece, l’intuizione?
È un mix. Il digitale ci ha abituati a pensare che i dati abbiano tutte le risposte, ma ciò che conta è porsi le domande giuste, e quelle non le trovi nei dati, ma sono frutto di intuizione, esperienza, segnali qualitativi, aneddoti e osservazione da cui tiri fuori un’opinione che non è matematica ma deve essere coerente. Questa parte di processo è fortemente creativo. Direi che i dati sono utili per validare, non per generare visione.
Ti è mai capitato di dover cambiare rotta?
Sì. Nel 2016, dopo Jobrapido, ho fondato una startup per cui avevamo raccolto 3 milioni di euro. Dopo un anno, l’abbiamo chiusa. Abbiamo usato 500 mila euro per testare la vision sul mercato: MVP, campagne marketing, feedback. Abbiamo scoperto che la nostra visione non era realistica. Quando ci siamo resi conto che non funzionava, abbiamo restituito i fondi rimanenti agli investitori. Perché dopo decine di esperimenti, non avevamo più idee, abbiamo testato tutto. Non funzionava, saremmo falliti.
Può succedere. A volte si corregge la rotta (si mette in discussione la vision, si deve accettare che alcuni pezzi non dovevano stare nella vision), a volte si capisce di doversi fermare. L’importante è non ostinarsi troppo, ma nemmeno abbandonare alla prima difficoltà. È un equilibrio.
Tornando allo sketch, potresti approfondire la relazione tra Mission – Vision – Roadmap – Status? Come colleghi la vision agli step pratici?
Una volta chiarita la vision e mappato lo status attuale — cioè i pezzi della vision che l’azienda ha già realizzato — bisogna decidere quali pezzi aggiungere e quali portare a termine per primi. A questo punto l’obiettivo è la roadmap.
Ci sono tre categorie in cui possiamo dividere le iniziative proposte:
1. Opportunità fuori vision
Queste non saranno mai incluse anche se profittevoli. In questo contesto, una vision chiara permette di motivare l’esclusione di alcune iniziative. Per esempio, ci hanno proposto di fare pubblicità di telefonia ai nostri clienti. Avrebbe portato soldi, ma abbiamo detto no. La nostra vision è servire i clienti, non disturbarli con pubblicità.
2. Iniziative in vision ma troppo costose
In questo caso le valutiamo solo se troviamo le risorse, altrimenti le rimandiamo. Un esempio è il progetto di aggiungere servizi finanziari all’offerta dell’azienda.
3. Iniziative in vision ed economicamente sostenibili
Le valutazioni sono di costo-opportunità. Prendiamo decisioni ragionate, bilanciando effort e impatto, analizziamo ricavi attesi e costi, con un mix di dati quantitativi e qualitativi. Ad esempio, quando in FiscoZen abbiamo introdotto il pagamento mensile, l’obiettivo era l’aumento del tasso di conversione degli utenti (e quindi dei ricavi).
Che rapporto c’è tra metriche di business e metriche di prodotto?
Si cerca di allinearle. Tutto deve essere riconducibile alla mission, perciò le metriche di prodotto — ad esempio gli active users — devono avere una correlazione con le metriche economiche. Se un utente è attivo, è più probabile che rinnovi. Se rinnova, crescono i ricavi. Cerchiamo di evitare metriche indipendenti perché creano conversazioni parallele e portano i team su numeri diversi.
Questo ragionamento cambia in un’azienda senza mission, in cui drammaticamente l’obiettivo è fare più soldi possibile. Al contrario, i soldi sono strumentali a finanziare la mission se questa è chiara.
Seguendo questa linea, la qualità non è fine a sé stessa, ma è legata al valore. Per esempio, in FiscoZen sono stati fissati numerosi touch point (non solo digitali) per i feedback che alimentano il CSAT (Customer Satisfaction Score) e misurano la soddisfazione del cliente in ogni punto. Più si crea qualità, più il cliente è soddisfatto, più è probabile che rinnovi e i ricavi aumentino. Più ricavi significano maggiori investimenti per portare più valore agli utenti.
Come organizzate il processo di definizione di roadmap in Fiscozen?
L’area prodotto è divisa in sei Squad, ciascuna con un Product Manager, un Tech Lead ed il proprio Backlog. In più ogni Squad collabora con uno Stakeholder interno (marketing, sales, post-vendita, ecc.).
Si lavora per quarter e questo è in sintesi ciò che accade: i Product Manager preparano il backlog che viene pulito periodicamente con il supporto del leadership team; si discutono le priorità con gli Stakeholder interni, si dibatte sulle attività più in alto nel backlog (si fanno analisi quantitative e/o qualitative) e se ne selezionano 10; i Tech Lead stimano la fattibilità delle iniziative in top 10 specificandole in dettaglio; si selezionano quelle da implementare nel quarter e quelle non selezionate sono fuori. Il quarter successivo il processo si ripete (non c’è una priorità sulle iniziative precedentemente in top 10).
A volte ci si accorge di aver portato avanti l’iniziativa sbagliata, ma può succedere e proprio per questo al termine del quarter facciamo un’analisi tutti insieme. Cambiare direzione prima della conclusione del trimestre porterebbe solo frustrazione all’interno dei team.
Pensi che il quarter sia l’unità temporale giusta per tener conto anche dei bisogni degli utenti che cambiano?
Solitamente più grande e matura è l’azienda più si tende ad avere orizzonti di pianificazione lunghi. Noi abbiamo Squad piccole (3 software engineer, un tech leader, un product manager e un product designer), quindi il quarter funziona. In passato si ragionava sul mese, ma diventava troppo oneroso. Quando i team saranno più rodati, si potrà tornare a cicli più brevi.
Ultima domanda: se avessi una bacchetta magica, quale cattiva abitudine elimineresti nella definizione della roadmap?
La mancanza di trasparenza. Le persone, anche quando agiscono con le migliori intenzioni, fanno fatica a essere brutalmente oneste. Questo limita la qualità del dibattito e spesso si fa fatica a prendere una decisione solo perché qualcuno non si esprime per il timore di evidenziare un errore o mettere in discussione l’opinione di un collega.
Se potessi, renderei la trasparenza radicale un’abitudine istintiva.
E come si può promuovere questa trasparenza?
Iniziando per primi. Ad esempio come Leadership Team condividiamo tutti i risultati di business. Presto renderemo pubblici anche i range salariali. Cerchiamo di non punire gli errori, per creare un ambiente sicuro. Ma è difficile perché anche se non critichi apertamente, l’errore pesa sulle persone. Però è la direzione giusta.
Secondo te questi accorgimenti fanno davvero la differenza nella motivazione dei dipendenti?
Sì, funzionano! Me ne accorgo quando i dipendenti discutono apertamente anche con me. È difficile ottenere un’opinione genuina quando sei il “capo”. Basta una parola e influenzi tutta la discussione. Per questo serve costruire un ambiente in cui chiunque si senta autorizzato a parlare con onestà.
Takeaway
- La roadmap è il sentiero che collega la vision alle scelte operative, aiutando il team (e l’impresa) a non perdere la rotta ed evitare la trappola dell’azienda come feature factory.
- I dati servono a darci le risposte, ma è essenziale porsi le domande giuste, che nascono da intuizione, esperienza e osservazione.
- Dire “no” a opportunità fuori dalla vision è un atto strategico, non un’occasione persa.
- La roadmap non è un piano statico: ogni ciclo è un’opportunità per rivedere le scelte alla luce dei dati, del mercato e dei feedback. Cicli temporali brevi (mensili/trimestrali) possono aiutare i team a restare focalizzati e agili.
- Le metriche di prodotto devono sempre avere un legame diretto con la mission e con le metriche di business, per evitare ottimizzazioni incoerenti.
Bio: Vito Lomele è un ingegnere e imprenditore seriale digitale. Inizia il suo percorso come ingegnere di software e poi decide di seguire la sua intuizione e fonda Jobrapido, la sua prima start-up. È solo l’inizio. Con oltre 20 anni di esperienza, si occupa di strategia, prodotto e tecnologia, supportando la crescita di aziende digitali e investendo in realtà come Serenis e Sysdig. Ha fondato e guidato piattaforme utilizzate da milioni di utenti, con l’obiettivo di costruire prodotti che risolvono problemi reali. Gli esempi più recenti sono FiscoZen e Stema, due start-up di successo capaci di scalare il mercato grazie al focus su prodotto ed esperienza utente.