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La sostenibilità nello spazio e la cooperazione internazionale. Sono stati questi i temi al centro dell’International Astronautical Congress, il più importante raduno di professionisti del settore spaziale a livello mondiale che, lo scorso ottobre al MiCo di Milano, ha visto la partecipazione di oltre 10mila addetti ai lavori, compresi 30 viaggiatori dello Spazio e 60 leader di agenzie spaziali internazionali, e oltre 7.000 saggi scientifici presentati da 2.300 organizzazioni provenienti da 106 Paesi diversi. Organizzata dalla Federazione Astronautica Internazionale (IaF), in collaborazione con l’Associazione italiana per l’Aeronautica e l’Astronautica (Aidaa), l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e Leonardo, questa 75esima edizione da record coincide con una fase cruciale per il settore, specie alla luce dei risultati ottenuti nell’ultimo anno, dal lancio di Ariane 6 alla firma da parte dell’ESA dell’estensione dei contratti per il programma Iride, fino al rientro di precisione del razzo Super Heavy. Per l’Italia, in particolare, è stato l’anno in cui è arrivato il primo tentativo di dotare il settore spaziale di una legge quadro sulla Space economy, un provvedimento che potrebbe aprire la via a un regolamento europeo nell’ambito di quello che negli ultimi tempi si è qualificato in misura crescente come uno dei settori trainanti per lo sviluppo e l’innovazione tecnologica con enormi ricadute economiche e sociali.
Lo IAC ha dunque rappresentato un’occasione cruciale per lo scambio di conoscenze tra Paesi, una piattaforma unica e globale per mettere in contatto le diverse comunità spaziali, agenzie, industrie, accademie, decisori, esperti e studenti, e per fare il punto insieme sulle tecnologie del settore spaziale, basate sull’intelligenza artificiale, sul supercalcolo, sul cloud computing, e su tutte le altre innovazioni fondamentali per portare la digitalizzazione sui satelliti e sui pianeti. Il faro resta il raggiungimento di “uno spazio responsabile per la sostenibilità”, come recita il titolo di quest’ultimo Congresso Astronautico Internazionale. In questo contesto, l’unità Space di Bip, fortemente impegnata su svariati fronti sui temi legati alla sostenibilità, ha presentato un paper sui rischi e dunque sulle potenziali conseguenze che possono generarsi in seguito ai cosiddetti ASAT test, e dunque in seguito alla creazione di detriti nello spazio, sia con riferimento all’attuale complicato assetto geopolitico, sia con riferimento agli scenari di sostenibilità e di accesso allo spazio, con i relativi problemi di sovraffollamento in orbita, di resilienza delle infrastrutture spaziali, di impatto ambientale, di ricadute economiche, e di sicurezza.
L’identificazione del rischio
Il concetto di sostenibilità è infatti spesso associato a un’immagine dell’ambiente danneggiato dalle attività umane. Ma occorre tenere a mente che si tratta di fenomeni che non riguardano la sola Terra. Anche lo spazio soffre per l’accumulo di detriti, frammenti che viaggiano a centinaia di chilometri orari, rivelandosi veri e propri proiettili, pericolosi per la sopravvivenza delle infrastrutture esistenti. Per questa ragione è importante identificare i rischi per la sostenibilità dell’ambiente spaziale. La ricerca scientifica in esame lo fa analizzando gli effetti – reali e potenziali – di un direct ASAT test, ovvero un tipo di test militare anti-satellite che prevede il lancio un missile dalla Terra per intercettare e distruggere un satellite in orbita. Dalla distruzione diretta del satellite consegue la creazione di importanti detriti spaziali (space debris) potenzialmente pericolosi. Scopo di questo saggio presentato allo IAC è proprio quello di effettuare una valutazione del rischio che l’esecuzione di un ASAT test può generare – al momento ne sono stati compiuti quattro, da Usa, Cina, India e Russia – per comprendere quali pericoli minacciano la sostenibilità dello spazio, sulla base della quantità dei detriti generati, e per mettere a fuoco le azioni che la comunità internazionale sta effettuandoin ottica preventiva (155 Paesi hanno approvato un divieto di ASAT test attraverso l’Assemblea generale dell’Onu nel dicembre 2022). Il tutto mantenendo come focus principale quello della sostenibilità e dell’uso responsabile e pacifico dello spazio extra-atmosferico.
La demolizione parziale o completa del satellite bersaglio di un ASAT porterà alla produzione di una catena di detriti. I frammenti così generati non solo rappresentano una minaccia per le infrastrutture spaziali, ma sono correlati ad un effetto Kessler per il quale la proliferazione incontrollata di detriti spaziali aumenta il rischio di collisioni e genera ulteriori detriti e ciò non fa che aumentare i rischi. Per meglio comprendere quanto grave può essere la minaccia alla sostenibilità spaziale è essenziale analizzare i meccanismi di causa-effetto.
Le conseguenze dirette ed indirette dello space debris
Su un primo livello è possibile identificare conseguenze dirette di natura geopolitica, legate alla militarizzazione dello spazio, il che porterebbe questa dimensione a configurarsi come un nuovo campo di guerra. Una situazione che darebbe luogo a importanti rischi ambientali, specie a causa dell’aumento dei detriti spaziali.
Potrebbero sorgere due diversi tipi di effetti secondari a causa della militarizzazione dello spazio:
- la creazione di detriti correlati;
- la congestione orbitale che si verifica quando la quantità di oggetti spaziali lanciati diventa così grande da danneggiare l’ambiente e compromettere ulteriori lanci.
Su un secondo livello, per quanto riguarda le conseguenze ambientali indirette derivanti dallo spargimento di detriti, l’analisi identifica questi effetti reali o potenziali:
- l’inquinamento spaziale che contribuisce ad alimentare il sovraffollamento orbitale;
- potenziali lesioni agli individui in orbita;
- l’impatto ambientale sulla Terra (con rischio grave nelle aree popolate);
- la minaccia alle infrastrutture spaziali esistenti (i detriti generati possono scontrarsi con infrastrutture critiche per lo spazio e per la Terra);
- effetti sulla pianificazione delle future missioni (l’eccesso di spazzatura rende più complicata l’identificazione di percorsi orbitali sicuri e aumenta il rischio di collisione, il che potrebbe ritardare o – peggio – annullare le missioni pianificate);
- e infine va di nuovo menzionata la congestione orbitale.
Le analisi condotte dovrebbero dunque servire come ulteriore contributo per la sostenibilità nello spazio e una migliore gestione di una risorsa critica e limitata. Come spiegato, la congestione orbitale potrebbe portare a gravi conseguenze, come la possibile fine delle missioni spaziali e questioni più critiche riguardanti la sicurezza nel trasporto spaziale e l’ulteriore colonizzazione dello spazio, due dei focus molto importanti dello sviluppo tecnologico odierno. È quindi fondamentale aumentare la consapevolezza intorno a queste issues in modo che le misure di mitigazione possano essere davvero efficaci nell’aiutare a preservare le orbite della Terra dai detriti e dalla congestione nello spazio.