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Se volessimo utilizzare alcune parole chiave, LinkedIn oggi è competenze, relazioni, reputazione. Abbiamo approfondito il tema in una puntata del nostro podcast dedicato ai potenziali talenti per un’azienda e molti dei jobs on the rise, protagonisti di questa rubrica, prendono vita proprio grazie al social professionale per eccellenza.
Molti sono i protagonisti di questo network in Italia. Chi lo usa per trovare talenti, ad esempio le risorse umane soprattutto delle grandi aziende, chi vende attraverso strumenti come sales navigator, ad esempio i commerciali più moderni, chi ci realizza campagne di web marketing, chi lo studia e ne scrive come me e altri esperti e chi sviluppa il proprio brand, diventandone una Top Voice come Filippo Poletti.
Da Leonardo Da Vinci, passando per Edison, fino a ChatGPT, l’excursus fatto grazie alla competenza di uno dei primi professionisti autorevoli su LinkedIn in Italia.
Filippo, sei un utente LinkedIn di lunga data, mi racconti perché hai aperto il tuo profilo e cosa era il social network professionale allora?
L’ho aperto qualche anno fa, dopo che mi ero reso conto che la proposta della mia figura professionale sul mercato, nel formato del curriculum europeo, doveva evolversi, arricchendosi con il dialogo quotidiano sui social media. Troppo spesso siamo concentrati sul nostro lavoro e meno a costruire la nostra carriera: per fare questo occorre imparare quotidianamente e coltivare le relazioni e la nostra reputazione. A tutto questo contribuisce LinkedIn: si impara dagli altri professionisti in rete, si allarga la propria rete e, infine, si costruisce la reputazione online.
E, invece, oggi cosa è diventato?
Dobbiamo immaginare “LinkedIn 2023” come un database di curricula e, allo stesso tempo, un database di know-why, know-what e know-how. Chi frequenta questa rete può sperimentare come su qualsiasi argomento ci siano professionisti che, da qualche parte della rete, stanno lavorando e possono darci ottimi spunti. Oltre al “saper come fare qualcosa” bisogna coltivare il “saper dove trovare qualcosa”. LinkedIn è, per citare una celebre pubblicità della Rai, “di tutto di più”.
Qual è la parabola che ti ha portato ad essere una Top Voice in Italia?
Il lavoro costante sui contenuti organici, ossia non sponsorizzati. Allora, era il 2017, mi chiedevo dove potessi trovare un racconto quotidiano dedicato al far bene, non polemico, ma positivo o propositivo, come dico io. Ho cercato di rimboccarmi le maniche, creandone uno con l’hashtag #RASSEGNALAVOROIT. Ad oggi, ho pubblicato più di 3.500 contributi o post, tutti i giorni, senza mai saltarne uno dal 5 maggio 2017. Non parlo quasi mai di ciò che faccio io (fanno eccezione i libri per la gioia anzitutto di condividere, come tu sai bene, il lavoro fatto), perché per generare attenzione bisogna dare attenzione agli altri. E, aggiungo, per generare attenzione su LinkedIn più che degli “esaltatori” bisogna essere dei “moderatori”: i toni accesi, in questa rete professionale, non pagano. O, almeno, questa è la mia esperienza, il cui impegno è “ripagato” da più di tre milioni di visualizzazioni al mese.
E per le aziende? Cosa significa LinkedIn? Devono temerlo?
Direi che per le aziende è un volano reputazionale. Prima ancora di offrire posti di lavoro, le imprese dovrebbero preoccuparsi di condividere le ragioni per cui unirsi a loro. Non basta fare “job posting”: serve un “piano editoriale” che metta in evidenza la proposta di valore aziendale per i clienti interni, ossia i dipendenti, e per quelli esterni, ossia il mercato. Un piano editoriale, aggiungo, alla cui costruzione i giornalisti come te, caro Luca, possono dare un bel contributo.
Tu hai grande esperienza di comunicazione interna. I social come possono essere usati per questa “esigenza”?
È un tema molto delicato, sul quale sono arrivato a questa conclusione: le aziende possono stimolare i collaboratori a diventare in rete degli “evangelisti” del proprio marchio, ma allo stesso tempo devono rispettare la loro personalità. Non mi piacciono gli “ordini di servizio” con i quali si chiede di condividere dei contenuti in rete: ai collaboratori deve essere lasciata la libertà di farlo. Aggiungo una nota di servizio: LinkedIn ha previsto che nella campagna di “awareness” le aziende possano utilizzare i dipendenti come “ambasciatori” a partire dai post pubblicati, a titolo personale, nelle loro pagine. Qual migliore occasione per valorizzare, da parte delle aziende, i contenuti dei collaboratori in una loro campagna a pagamento?
Hai un caso italiano che ti ha incuriosito o colpito positivamente?
Essendo la rete di LinkedIn energia per la mente dei professionisti, direi Edison, la più antica società europea nel settore dell’energia e tra le principali società energetiche in Italia. Quest’anno, nel 2023, ha festeggiato i primi 140 anni di attività. Nacque ufficialmente nel 1884, grazie a Giuseppe Colombo, l’ingegnere milanese (uscito dall’università di Pavia) che nel 1881 incontrò, alla mostra internazionale dell’elettricità di Parigi, lo scienziato statunitense Thomas Edison. Nel capoluogo lombardo decise di dar vita al comitato promotore per l’applicazione dell’energia elettrica in Italia per costruire una centrale nel cuore di Milano. Una volta in funzione, questa centrale illuminò anche i negozi del centro, tra cui il Savini, il caffè Cova e il teatro Manzoni. Su LinkedIn, Edison (per onestà intellettuale specifico che non ho contribuito in alcun modo alla sua progettazione e alla sua realizzazione) ha dato vita a un bel racconto, coinvolgendo i dipendenti. Edison nacque per produrre e distribuire elettricità e oggi, su LinkedIn, è un motore di energia positiva dal volto umano.
Tu sei anche giornalista di lungo corso. Che ne pensi dei tuoi colleghi su LinkedIn?
Mi interessa chi ci aiuta a stabilire il rapporto tra le cose, come direbbe Maria Montessori, generando conoscenza in rete. Il destinatario, ossia i professionisti che leggeranno, commenteranno e condivideranno, sono più importanti del mittente, ossia di chi lancia la pietra nel mare di LinkedIn, innescando tante onde. Faccio mie le parole di un nostro grande collega giornalista qual è Bruno Pizzul che, intervistato su Repubblica da Maurizio Crosetti, ha detto: «A volte è come se la televisione volesse solo parlare di sé stessa. Alcuni giornalisti, anche bravi, si atteggiano a showman. Tutto ciò che è autoreferenziale, in questo mestiere non va bene». Credo che questa lezione valga per tutti noi giornalisti anche su LinkedIn.
Cosa consiglieresti a un neolaureato che si affaccia su LinkedIn?
Direi che non può non esserci che in modalità “pull” e “push”: deve esserci con il proprio profilo e con dei contenuti mirati, che evidenzino la sua proposta di valore. Il cv è la modalità “pull”, ossia saranno gli altri, indicizzato correttamente, a trovarci. I contenuti (dai post agli articoli) sono la modalità “push”, grazie alla quale siamo noi ad andare verso gli altri, attirando la loro attenzione.
Cosa vedi nel futuro del social network professionale?
Vedo un’integrazione sempre più efficace con l’intelligenza artificiale, balzata agli occhi di tutti il 30 novembre 2022 con la presentazione di ChatGPT. L’abbiamo già visto con gli spunti di messaggi, suggeriti agli utenti anche su LinkedIn. Siamo all’inizio di una nuova era in cui l’intelligenza artificiale generativa ci permetterà di trovare alcuni contenuti in rete, aggregandoli. L’intelligenza artificiale dovrà essere e rimanere un “co-pilota”, dove il pilota dovrà essere e rimanere il professionista che, con il proprio nome e cognome, è su LinkedIn.
E nel tuo futuro?
Vedo un’agenda sempre più fitta. Alla fine del 2023, tanto per fare un’anticipazione a Bip Insight, presenterò un nuovo libro sulla leadership. Cerco di ricambiare l’attenzione che ricevo costantemente anche su LinkedIn provando, scrupolosamente, a produrre valore per gli altri. Provo a farlo nel lavoro quotidiano, quando modero una tavola rotonda, faccio un’intervista come questa con te, Luca, o scrivo un post. Ho impressa nella mia mente la parola “rispetto”: dico sempre, parlando di media, ivi compresi quelli social, che fosse anche una sola persona a leggere o ascoltare un mio contributo, devo rispettarla, provando a dare degli spunti e leggendo con attenzione i suoi feedback. Non sono un genio, ma ciò che ho imparato leggendo tantissime biografie di menti visionarie è che sono dei perfezionisti, potremmo dire procrastinatori (per citare la bella definizione dello psicologo Adam Grant). Pensiamo a Leonardo da Vinci: da una tavola di 77 centimetri per 53 di tenero pioppo, albero molto diffuso un tempo a San Donato Milanese, dove sono cresciuto, creò la Gioconda. Nella sua perfezione la Gioconda o Monna Lisa, conservata al museo del Louvre di Parigi, rischia di ingannarci: Leonardo ci lavorò tra il 1503 e il 1517 e, dunque, per completarla impiegò 14 anni. Grazie a questa ricerca continua Leonardo ci ha lasciato un capolavoro. E, dunque, pur non essendo Leonardo né tanto meno altri personaggi molto più grandi di me, anch’io, nel mio piccolo, continuo a cercare e a mantenere, per dirla con le parole di Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn, una mentalità “Beta permanente”. Il mio impegno presente e futuro è che la mia vita professionale non sia un “work in regress” ma un “work in progress”. In questo conto sull’aiuto dei tanti professionisti che incontro quotidianamente su LinkedIn.
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Bio Filippo
Top voice ufficiale di LinkedIn Italia, milanese con executive MBA alla POLIMI Graduate School of Management (business school del Politecnico di Milano), dal 2017 cura su LinkedIn una rubrica giornaliera dedicata ai cambiamenti nel mondo delle professioni. Il suo profilo è stato inserito da WikiMilano tra i protagonisti della metropoli italiana. Speaker e giornalista professionista ha collaborato con oltre 30 testate nazionali come il Corriere della Sera, il blog dedicato ai temi del lavoro del Fatto Quotidiano e la sezione Econopoly del Sole 24 Ore. Si occupa di relazioni pubbliche e comunicazione aziendale. Ha collaborato come autore con diverse case editrici come Baldini & Castoldi, Flaccovio e Lupetti. Tra i suoi i libri Tempo di IoP: Intranet of People, Grammatica del nuovo mondo, MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose, Ucraina: grammatica dell’inferno. Al suo attivo anche diverse esperienze come formatore in aziende, istituzioni e business school.