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Trecentosettanta miliardi di dollari. È l’attuale valore della Space economy a livello mondiale. Ma il settore si è appena posizionato sulla sua rampa di lancio perché il potenziale intrinseco per il mercato di riferimento e per le attività connesse è, al momento, senza eguali. Si stima infatti che entro il 2030 quei 370 miliardi di dollari diventeranno 642. Nella sola Italia, Paese da sempre in prima linea nella corsa allo spazio, il valore della Space economy è per ora di circa 17 miliardi di euro, con un coinvolgimento di circa 230mila addetti ai lavori.
È iniziata l’era commerciale dello spazio. E oggi c’è anche un primo tentativo dell’Italia di dotarsi di una legge quadro per regolamentare un settore che, nei piani del governo, dovrà essere un pilastro sempre più vitale per lo sviluppo del Paese. Il Consiglio dei ministri – su proposta del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con delega alle politiche spaziali e aerospaziali – ha infatti approvato un Ddl che introduce “disposizioni in materia di economia dello spazio”. La proposta di legge, che sarà presto presentata al Parlamento, ha l’obiettivo di posizionare l’Italia nel settore spaziale globale, e tenta per la prima volta di fare chiarezza sulle regole per le imprese private che operano nell’ambito della Space economy, offrendo un certo grado di tutela e promuovendo al contempo la crescita economica, grazie all’introduzione di un piano nazionale per l’economia dello spazio.
Un provvedimento collegato alla legge di bilancio che – secondo il ministero delle Imprese e del Made in Italy – colma un vuoto nell’ordinamento, pone l’Italia all’avanguardia tra i grandi player globali e anticipa le intenzioni dell’Unione europea in merito a un regolamento per il settore”. Frutto di mesi di concertazione coi principali attori pubblici e privati, il Ddl regolamenta l’accesso allo spazio da parte dei privati, offrendo grandi opportunità in un comparto che – spiega il ministero – rappresenta “il futuro dell’industria e una delle principali traiettorie di sviluppo dell’economia mondiale”.
“L’Italia crede nello spazio e la sua leadership nel settore ha radici lontane”, sottolinea il ministro delle Imprese Adolfo Urso. “Con la legge quadro sulla Space economy, l’Italia conferma il suo ruolo di primo piano nel comparto e si distingue per essere all’avanguardia internazionale nell’economia dello spazio. Diamo finalmente – e siamo i primi in Europa – un ordine mentale che consentirà al nostro Paese e alle nostre imprese di diventare protagoniste in questa nuova avventura di colonizzazione dello spazio – evidenzia Urso -, per la quale abbiamo allocato 7 miliardi e 300 milioni di euro tra fondi Pnrr, fondi nazionali e fondi attribuiti all’Agenzia spaziale europea e all’Agenzia spaziale italiana, da qui al 2026”.
La legge quadro sottolinea l’importanza della catena del valore che già esiste sul territorio e che va preservata, con la prospettiva di una competitività globale che contraddistingue il settore aerospaziale. Il provvedimento, inoltre, apre all’inclusione di nuove realtà che possono fornire servizi innovativi, di fatto rendendo concreto un tema ampiamente discusso e che vede la Pubblica Amministrazione un fruitore diretto di elementi ‘relegati’ ad uso scientifico o militare: apertura che è in linea con l’aumentare dei player globali pronti ad entrare su questo segmento di mercato.
Attività spaziale, un primo tentativo di regolamentazione
Il Ddl introduce nell’ordinamento la definizione di “attività spaziale”, che comprende il lancio, la gestione in orbita e il rientro di oggetti spaziali e ogni altra attività realizzata nello spazio extra-atmosferico, compreso l’uso delle risorse naturali. Inoltre, il testo detta una regolamentazione vasta e variegata sull’attività imprenditoriale privata connessa all’esplorazione dello spazio, anche con riferimento agli accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall’Italia in questa materia.
In sintesi, il disegno di legge quadro intende disciplinare:
- il regime autorizzatorio cui le attività spaziali private sono sottoposte; i requisiti di capacità tecnica e professionale che gli operatori devono possedere;
- la valutazione preventiva del rischio connesso all’attività autorizzata;
- il regime di assicurazione obbligatorio e la materia della responsabilità per danni causati dalle attività spaziali; misure di sostegno della space economy;
- gli appalti pubblici relativi al settore delle attività spaziali e delle tecnologie aerospaziali (mediante la previsione di un regime speciale);
- la responsabilità degli operatori spaziali e dello Stato.
Con riferimento a quest’ultimo punto, per la prima volta il Ddl introduce una responsabilità legale rispetto ad eventuali violazioni delle norme contenute nel provvedimento. In particolare, la legge quadro prevede una responsabilità civile dell’operatore e disciplina i danni di cui lo Stato è chiamato a rispondere in forza di convenzioni internazionali, i danni causati sul territorio italiano da Stati di lancio stranieri e l’obbligo di garanzia assicurativa o altra garanzia finanziaria.
Secondo il provvedimento, tutte le attività spaziali condotte da operatori di qualsiasi nazionalità in territorio italiano, o da operatori nazionali al di fuori del territorio italiano, sono soggette ad autorizzazione. In particolare, devono essere preventivamente autorizzate dall’autorità responsabile (presidente del Consiglio dei ministri o Autorità delegata alle politiche spaziali o aerospaziali), previa istruttoria dell’Agenzia spaziale italiana (ASI) e del Comitato interministeriale per le politiche relative allo Spazio e alla ricerca aerospaziale (COMINT). Fa eccezione il caso in cui l’attività sia munita di autorizzazione rilasciata da altro Stato e riconosciuta in Italia. Per ottenere l’autorizzazione, occorre possedere specifici requisiti. Ecco qualche esempio:
- Garanzia della sicurezza delle attività spaziali in tutte le sue fasi e i suoi aspetti;
- Valutazione dell’inquinamento luminoso e radioelettrico;
- Mitigazione dei detriti spaziali;
- Resilienza dell’infrastruttura satellitare rispetto ai rischi informatici, fisici e di interferenza;
- Sostenibilità ambientale delle attività spaziali (attraverso verifica dell’impronta ambientale).
Questa iniziativa legislativa, di fatto, regolamenta l’accesso ad una risorsa che non solo non è infinita ma che è oggetto di nuovi ingressi da parte di organizzazioni afferenti ad altri settori. In tal senso il provvedimento risponde ad un’esigenza chiara: la necessità di raccordare gli interessi del mercato ai temi di interesse ed intervento di un Paese, provvedendo per tempo a potenziali problematiche che in assenza di legislazioni chiare possono prendere il sopravvento e costituire un ostacolo sia in termini di business che in termini di benessere pubblico.
Il ruolo dell’ASI nella vigilanza
L’Agenzia spaziale italiana ha un ruolo chiave in molti aspetti. Secondo la legge quadro, tramite delega del COMINT, all’ASI viene affidata la vigilanza sulle attività condotte da ciascun operatore spaziale. All’Agenzia viene dunque assegnato l’accesso ai documenti e alle informazioni relative all’attività spaziale autorizzata e all’oggetto spaziale eventualmente lanciato nell’ambito dell’attività in questione. Gli operatori spaziali e i proprietari che non forniscono le informazioni o i documenti richiesti o che non adottano le misure necessarie a consentire le ispezioni, ostacolando così di fatto l’attività di vigilanza dell’ASI, sono sottoposti a sanzione amministrativa pecuniaria da 150.000 a 500.000 euro. Si introduce poi una nuova ipotesi di reato (che prevede la reclusione da 3 a 6 anni e una multa da 20.000 a 50.000 euro) per gli operatori che esercitano un’attività spaziale senza aver conseguito l’autorizzazione o successivamente alla scadenza della stessa.
L’immatricolazione degli oggetti spaziali
Il provvedimento istituisce un registro nazionale di immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico, per i casi in cui l’Italia risulta l’unico Stato di lancio*. Il Ddl prevede poi un registro complementare per iscrivere gli oggetti spaziali non immatricolati in Italia di cui un operatore di nazionalità italiana acquisisca la gestione o la proprietà in orbita o su un corpo celeste. Gli oggetti saranno registrati con un codice alfanumerico composto da una lettera e tre cifre progressive precedute dall’identificativo nazionale “ITA”. L’ASI cura la custodia e l’aggiornamento del registro che è pubblico e consultabile online. Come evidenzia la legge quadro, l’operatore spaziale è responsabile dei danni provocati con le sue attività spaziali ed è sempre tenuto al risarcimento dei danni prodotti a terzi sulla superficie terrestre, nonché agli aeromobili in volo e alle persone e cose che si trovano a bordo di questi ultimi.
Misure per l’economia dello spazio
Strumento prezioso introdotto dal provvedimento, è il Piano nazionale per l’economia dello spazio. Aggiornato con cadenza biennale, viene redatto con un orizzonte di almeno 5 anni, e contiene una serie di elementi utili a promuovere l’economia del settore. Nello specifico:
- analisi, valutazione e quantificazione dei fabbisogni delle capacità produttive;
- analisi delle esigenze istituzionali relative ai servizi basati sull’uso di tecnologie spaziali suscettibile di una valorizzazione commerciale;
- programmazione, valutazione preliminare, controllo e monitoraggio, delle iniziative di partenariato pubblico-privato;
- definizione delle sinergie attivabili tra i diversi strumenti di finanziamento e di intervento;
- allocazione alle varie iniziative previste delle risorse disponibili;
- identificazione delle possibili ulteriori risorse da destinare alle iniziative;
- monitoraggio e verifica delle iniziative finanziate e dei relativi impatti.
I finanziamenti per il settore: 7,3 miliardi da qui al 2026
A supporto del settore, con la legge quadro viene istituito un Fondo per la space economy con carattere pluriennale, che mira a promuovere le attività di economia spaziale, favorendo la crescita del mercato di prodotti e servizi innovativi. Il Piano è quinquennale e i suoi aggiornamenti periodici sono approvati dal COMINT. Lo stanziamento è, per il momento, di circa 150 milioni di euro ed è finanziato in manovra economica. Ma – sostiene il ministro delle Imprese e del Made in Italy – le risorse che sono state collocate dal governo nel comparto spaziale “ammontano a 7 miliardi e 300 milioni di euro da qui al 2026”. Come? Il ministro Urso spiega: “All’attività triennale dell’Agenzia spaziale europea sono stati destinati 3,1 miliardi di euro. Per l’ESA siamo uno dei tre grandi paesi finanziatori (dopo Francia e Germania) e per ogni euro che diamo al programma spaziale europeo si calcola che almeno tre tornano alle imprese italiane. Se a questi 3,1 raggiungiamo 2,3 miliardi del budget dell’ASI, e se sommiamo le risorse del Pnrr destinate allo spazio con le risorse dei bilanci dello Stato destinati allo spazio, giungiamo appunto a un ammontare complessivo che verrà impiegato nei vari progetti spaziali di 7,3 miliardi di euro da qui al 2026”.
Perché entrare nella Space economy?
Come appurato dai numeri snocciolati nel corso di questo articolo, siamo davanti a un mercato in crescita esponenziale. Secondo i più accreditati esperti del settore, la Space economy rappresenta il futuro dell’industria ed è senza dubbio tra i principali pilastri per lo sviluppo dell’economia mondiale. Si tratta di un comparto oggi promettente come nessun altro, che attrae sempre più investimenti, in cui l’Italia si è peraltro già distinta come eccellenza, grazie al ruolo di spicco che si è guadagnata nella corsa allo spazio negli ultimi anni, tra ricerca e applicazione. Da qui la miriade di grandi opportunità per gli attori privati che vogliano lanciarsi in un mercato dal potenziale inesplorato. La legge quadro sulla Space economy, peraltro, ha tra i suoi obiettivi, quello di agevolare l’accesso di Pmi e start up ai contratti pubblici. Per questo sono previste norme speciali in materia di appalti, e per promuovere le attività e le tecnologie aerospaziali.
Come spiega il ministro Urso, “con questa legge quadro, creiamo tutto il processo ordinamentale per poter operare, dall’Italia e fuori dall’Italia. E oltre a questo vi è un fondo che servirà alle piccole e medie imprese per poter avere risorse per i progetti che intendono realizzare. Noi sappiamo che il nostro Paese sarà protagonista in tema di spazio e abbiamo il dovere di regolamentare quello che accade. Si tratta di uno dei comparti del futuro”. Lo spazio sta dunque rapidamente diventando un business accattivante, con un’estensione internazionale, che impatta anche su una serie di altre attività collegate, offrendo infinite opportunità alle aziende che vogliano lanciarsi nel settore. Per questo ogni start up o Pmi dovrebbe in questo momento investire nello spazio, anche quelle non direttamente coinvolte.
Le motivazioni principali sono due: il know-how avanzato che detiene l’Italia – terzo paese al mondo a lanciare un satellite in orbita – e il fatto che l’Italia è un player di rilievo nell’esistenza e sussistenza di attività spaziali. Nello specifico, l’Italia contribuisce ad una serie di attività cruciali come la costruzione della stazione spaziale internazionale e la partecipazione attiva al nuovo programma di colonizzazione Moonlight, iniziativa europea fortemente finanziata proprio dallo Stato con l’obiettivo di diventare il primo fornitore commerciale di telecomunicazioni e navigazione satellitare fuori dal Pianeta.
“Nei prossimi 30-40 anni, ogni settore inizierà a operare nello spazio. E tra 100 anni l’economia dello spazio sarà più grande dell’economia della Terra”. Ne è sicuro per esempio Daniel Faber, fondatore e CEO di Orbit Fab, start-up basata a Lafayette, in Colorado, impegnata nella progettazione di stazioni di rifornimento spaziali per navicelle. Per dirla con le parole di Urso, “è un grande mercato, quello che cresce di più, dove si realizzano le più significative sperimentazioni, si pensi anche a quelle che riguardano l’alimentazione. L’Italia – specifica il ministro – è in campo con grandi player che sono attori, ma anche con centinaia di Pmi che realizzano gran parte di quella tecnologia che vediamo nei sistemi satellitari”. Senza considerare poi, come evidenzia l’astronauta Franco Malerba, che “siamo alla vigilia della più importante conferenza mondiale sullo spazio, lo IAC 2024, che si terrà a Milano nel mese di ottobre. Il conto alla rovescia per il grande evento è cominciato”.
Space economy, quali opportunità per le imprese?
Attualmente i segmenti spaziali di maggiore interesse sono tre: il mondo dell’osservazione della terra, quello del posizionamento e quello delle telecomunicazioni. Nel primo ambito l’Italia finanzia diversi programmi. In particolare, l’Italia ha deciso di dotarsi di infrastrutture proprie con un programma strategico chiamato IRIDE. Si tratta di un nuovo sistema di osservazione della terra nazionale (al pari di Copernicus per l’Europa). Finanziato con fondi nazionali, IRIDE ha l’obiettivo di sviluppare nuove costellazioni di satelliti di osservazione della Terra e nuovi servizi dedicati in primis alla pubblica amministrazione, ambito in cui anche BIP è impegnata per le attività legate all’exploitation dei servizi. L’innovazione – sembra ormai inevitabile – passa da attività che operano nello spazio o con lo spazio.
Si tenga però presente che grandi opportunità sono possibili anche per le aziende che non appartengono in via esclusiva al settore aerospaziale, ma che sono anche soltanto connesse. A partire, per esempio, dalle assicurazioni. Il disegno di legge quadro sulla Space economy, infatti, disciplina le eventualità degli incidenti nello spazio. Gli operatori autorizzati dovranno quindi stipulare contratti di assicurazione a copertura dei danni derivanti dall’attività spaziale, con un massimale pari a 100 milioni di euro per episodio. Ma le applicazioni nei vari settori tecnologici connessi sono davvero tantissime, e vanno dall’energia ai trasporti, dall’ambiente all’agricoltura. Cruciale è poi la blu economy in quanto l’Italia è un paese circondato dal mare, e quindi tutte gli ambiti connessi sono strategici per il nostro Paese (porti, logistica, isole, fauna marina, inquinamento, settore nautico industriale e privato).
Per fare qualche esempio specifico, esistono società che sono sempre più interessate ad attori spaziali con competenze spendibili immediatamente anche sulla Terra per scopi ambientali,come la diminuzione dell’impronta di CO2 dall’industria energivora o da quella dell’acciaio. Altri esempi vengono poi dalle attività legate alla sicurezza, alla meteorologia, all’agricoltura di precisione, al controllo della temperatura degli oceani. Alcuni esperti osservatori del settore sono pronti a scommettere che le opportunità maggiori per la Space economy arriveranno addirittura dalle attività collaterali, definite “picks and shovels”, ossia quelle attività che non sono direttamente coinvolte nel cuore di un business ma lo supportano.
Altri esempi delle tante attività che si possono condurre con i dati di derivazione spaziali: il monitoraggio delle infrastrutture critiche per il funzionamento della società moderna (come ponti e strade), la tutela di beni storici, artistici e culturali in potenziale pericolo (come Pompei o la Torre di Pisa), lo space mining, il settore oil & gas, il monitoraggio della qualità dell’acqua e dei pesci allevati in mare, la previsione degli eventi atmosferici emergenziali, il monitoraggio della mobilità, della qualità dell’aria e dell’inquinamento, la protezione dell’ecosistema e del verde, la valorizzazione del settore turistico come ad esempio la riscoperta di cammini storici per il cosiddetto ‘turismo lento’, fattore abilitante dell’economia dei piccoli centri che caratterizzano il Bel Paese. Considerato quindi l’ampio raggio d’azione in cui si muove il mercato dell’aerospazio con annesse implicazioni, questo periodo è foriero di opportunità per quelle Organizzazioni che sono in grado di cogliere la strategicità dell’ingresso in questo settore o che riescono a mettere a disposizione i propri expertise lungo tutta la filiera aerospaziale, muovendosi dall’ambito strategico a quello ingegneristico e meramente tecnico, senza tralasciare aspetti organizzativi e gestionali che caratterizzano la gestione pubblica fino ad arrivare al supporto per le start-up pronte ad accedere al mercato dell’aerospazio.