AUTORI

Giuseppe Diodato
Manager
Irene Vitali
Retail & Consumer Goods Senior Consultant
Lorenzo Canale
Senior Consultant

Digital Product Passport: cos’è e perché è un’innovazione cruciale 

Ascolta

Per il settore del tessile potrebbe essere arrivato un importante punto di svolta. Con la pubblicazione del testo definitivo nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europeo dello scorso 28 giugno e l’entrata in vigore dei requisiti di Eco-Design per prodotti sostenibili il prossimo 18 luglio, molto presto l’Unione Europea imporrà requisiti di trasparenza più stringenti in relazione al ciclo di vita dei prodotti – e le materie prime di cui sono composti – venduti negli Stati membri, promuovendo così principi di sostenibilità e pratiche di economia circolare, al fine di fornire ai consumatori le informazioni necessarie per acquistare in maniera più consapevole (si veda il par. “Il quadro normativo in cui si inserisce il DPP: un excursus dall’origine ai giorni nostri” per il dettaglio sul percorso fino ad oggi). A seguito della pubblicazione definitiva del testo, verrà gradualmente introdotto – e reso obbligatorio – il Digital Product Passport, che darà luogo a una trasformazione concreta del settore e impatterà tutti gli attori coinvolti nella catena del valore, dalle fasi di approvvigionamento fino alla distribuzione ai consumatori finali.  

Ma di cosa parliamo quando parliamo di passaporto digitale del prodotto? Il Digital Product Passport – ormai diffusamente noto con la sigla DPP – è uno strumento che identifica in modo univoco l’intero ciclo di vita di un articolo, dal momento in cui viene concepito fino a come deve essere smaltito. Si tratta dunque di una raccolta minuziosa di tutte le informazioni relative al prodotto in questione, dal tipo di materia prima utilizzata per la sua realizzazione, ai processi di produzione impiegati per la sua fabbricazione, compresi dati come l’impiego di acqua e di energia e l’eventuale ricorso ad agenti chimici, fino ad arrivare ad elementi concernenti la supply chain. In altri termini, è come se ci trovassimo davanti a un digital twin del prodotto reale, in grado di rivelare la storia e la composizione del capo che abbiamo per le mani.  

Entro il 2026-2027, ogni prodotto tessile venduto all’interno dei confini dell’Unione Europea dovrà possedere questo tipo di passaporto, al quale – presumibilmente – sarà possibile accedere tramite sistemi già noti, come un codice QR scansionabile, un chip NFC (Near Field Communication) o un tag. Si tratta di uno strumento di massima trasparenza, funzionale a mettere in pratica la Strategia europea per il tessile sostenibile e circolare, finalizzata a contenere gli sprechi e a tutelare l’ambiente e le persone. Fine ultimo di questa strategia è quello di garantire che, entro il 2030, tutti i capi tessili prodotti nel territorio dell’Unione rispettino rigorosi standard ambientali, rendendoli più durevoli, riparabili e riciclabili. 

Solo per fare qualche esempio, tra le linee guida europee c’è la richiesta di prediligere nella realizzazione del prodotto fibre naturali e biodegradabili, oltre a un design degli articoli che possa favorire il riutilizzo del capo una volta arrivato alla fine del suo ciclo di vita; ma anche di preferire sempre processi produttivi che siano efficienti dal punto di vista dei consumi. In questo scenario, il DPP può rivelarsi un elemento chiave, capace di reinventare le regole del gioco. Imponendo il passaporto digitale del prodotto in settori cruciali, come appunto quello tessile, l’Unione europea dimostra l’intenzione di onorare il suo impegno per un futuro sostenibile e di promuovere il passaggio a un’economia circolare.  

Quali informazioni contiene il DPP? Breve approfondimento tecnico 

Il Digital Product Passport si inserisce nel quadro normativo dell’Ecodesign for Sustainable Products Regulation (ESPR) che entrerà in vigore il prossimo 18 luglio, a seguito della recente pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione. Nonostante la Commissione europea non abbia ancora emanato specifici decreti attuativi a corredo del regolamento ESPR, il contenuto del passaporto digitale degli articoli tessili è per lo più stato delineato.  

Nello specifico, tra gli elementi chiave del DPP devono essere menzionati: 

  • identificativo univoco del prodotto; 
  • codice GTIN (Global Trade Identification Number), di cui alla norma ISO/IEC 15459-6 o equivalente, dei prodotti o delle loro parti; 
  • codici pertinenti dei prodotti, come il codice TARIC (ovvero la tariffa integrata comunitaria); 
  • informazioni e documentazione di conformità, come la dichiarazione di conformità, la documentazione tecnica o i certificati di conformità; 
  • manuali utente, istruzioni, avvertenze o informazioni sulla sicurezza, prescritti da altra legislazione dell’Unione applicabile al prodotto; 
  • informazioni concernenti il fabbricante; 
  • identificativi univoci dell’operatore diversi da quello del fabbricante; 
  • identificativi univoci del sito; 
  • informazioni concernenti l’importatore. 

Temi cruciali legati al DPP 

Dal punto di vista tecnico, è doveroso citare alcuni temi cruciali a cui fanno capo le informazioni che ogni passaporto digitale deve contenere: 

  • identificativo univoco: ogni prodotto dovrà essere legato a un identificativo univoco, il cui dettaglio verrà poi fornito all’interno degli atti delegati, dal punto di vista sia del livello di dettaglio (modello, lotto o singolo articolo), sia dei requisiti semantici e sintattici da applicare; 
  • data carrier: il vettore di dati tramite cui il codice univoco del prodotto verrà collegato ai relativi dati dovrà essere fisicamente presente sul prodotto, sul suo imballaggio o sulla documentazione accompagnatoria; 
  • granularità delle informazioni da fornire: per esempio, il modello di prodotto, lotto o articolo. Anche se attualmente non esiste ancora un orientamento specifico e tutto dipenderà da quanto riportato nei decreti attuativi del regolamento, non ancora pubblicati;  
  • interoperabilità: il regolamento ESPR prevede che i passaporti siano “pienamente interoperabili con altri passaporti dei prodotti”; 
  • diritti di accesso: l’accesso ai dati dovrà essere consentito a diversi operatori sulla base del ruolo dell’utilizzatore finale, a seconda che si tratti quindi di consumatori, di operatori economici, di soggetti autorizzati all’inserimento, modifica e aggiornamento dei dati o di altri soggetti interessati; 
  • data integrity: tra i requisiti tecnici forniti dalla normativa è posto anche l’accento ai temi di autenticazione, affidabilità e integrità dei dati. In particolare, agli operatori si richiede di “garantire un elevato livello di sicurezza”. 

Inoltre, la Commissione europea avrà il compito di istituire e mantenere attraverso appositi atti delegati un registro in cui verranno conservate tutte le informazioni contenute nei passaporti dei prodotti. Questo comporterà un nuovo livello di complessità relativo al fatto che gli operatori del mercato dovranno dotarsi di sistemi di trasmissione delle informazioni che consentano di inviare, modificare e aggiornare i dati archiviati in questo registro. 

Con riguardo al data carrier, sulla base delle discussioni promosse dalla Commissione (e consultabili sul canale di EU Growth(5)), emerge il bisogno di implementare un vettore che fornisca delle informazioni stratificate e che consenta di mostrare i dati sia offline che online, su base pubblica o ristretta. Ciò deriva dalla necessità di mettere a disposizione le informazioni a utenti differenti e si collega strettamente con il tema dell’accesso ai dati. Inoltre, così facendo la consultazione del passaporto sarà possibile anche nei periodi successivi all’acquisto. 

Nonostante non siano state date precise linee guida riguardo al formato che il data carrier dovrà avere, si presume che si farà ricorso a soluzioni già in uso da diversi produttori, come QR code, barcode, RFID, watermark, NFC. Inoltre, sebbene non sia ancora stato chiarito per quanto tempo esattamente debbano conservarsi le informazioni sul prodotto, sorge già il dubbio legato al fattore deterioramento del data carrier: se il DPP è incorporato nell’articolo stesso sarà necessario che questo sia il più resistente possibile a fenomeni di degrado, come per esempio l’uso frequente o il lavaggio in caso di vestiti.  

DPP, quale impatto sugli operatori? 

Il Digital Product Passport si qualifica come uno strumento cruciale, capace di rivoluzionare il modo in cui le aziende operano e si rapportano con clienti e fornitori. L’adozione del DPP, infatti, pone un’enfasi considerevole sulla necessità di tracciare l’intera filiera produttiva. Questo si traduce non solo nella possibilità di avere una visione chiara e dettagliata di ogni fase della produzione, dall’origine delle materie prime fino al prodotto finito, ma anche in quella di garantire che tutte le informazioni raccolte siano accurate e facilmente accessibili.  

Si tratta senza dubbio di una sfida significativa in quanto richiede l’implementazione di sistemi avanzati di tracciamento e la collaborazione stretta tra tutti i partner della value chain. Tuttavia, rappresenta anche una grande opportunità per migliorare l’efficienza operativa, ottimizzare la gestione dell’inventario e ridurre gli sprechi, contribuendo così a una maggiore sostenibilità dei processi produttivi. Grazie all’introduzione dei DPP le aziende si sentiranno sempre di più spinte ad abbracciare un modello di sviluppo sostenibile, identificando le materie prime più rispettose dell’ambiente e ottimizzando l’uso delle risorse disponibili per contenere gli sprechi. 

In questo ambito, l’iniziativa legislativa dell’Unione europea si distingue per essere pionieristica e lungimirante nel suo puntare a trasformare le dinamiche attuali del mercato. Così facendo, le imprese saranno costrette ad adattarsi e a rinnovarsi per entrare a far parte di un ecosistema totalmente trasparente, grazie alla condivisione delle informazioni specifiche relative a ogni prodotto venduto nell’ambito dell’Unione europea. A giovarne saranno anche i consumatori finali che saranno messi nella condizione di prendere decisioni perfettamente consapevoli. Ma di questo tema ci occuperemo in modo più approfondito nei paragrafi che seguono.  

Il rapporto tra azienda e cliente: trasparenza sui fornitori e gestione dell’accesso alle informazioni 

Il DPP richiede alle aziende di essere trasparenti non solo sul prodotto finale, ma anche per quel che riguarda i propri fornitori. Ciò implica la divulgazione di informazioni che potrebbero essere considerate sensibili o competitive. Questo passaggio è dunque un elemento cruciale: le aziende dovranno definire politiche chiare sulla base delle quali stabilire quali dati condividere pubblicamente e quali mantenere riservati, bilanciando la necessità di trasparenza con quella di proteggere la proprietà intellettuale e la competitività. 

In quest’ottica, il passaporto digitale non solo incentiva le aziende a selezionare fornitori che rispettino standard elevati in termini di qualità e sostenibilità, ma le spinge anche a considerare le proprie strategie di condivisione delle informazioni nell’ambito dell’applicazione della normativa europea e dei relativi atti delegati. Si tratta indiscutibilmente di un cambiamento di portata enorme per le aziende. Se da un lato comporta sfide legate alla necessità di monitorare l’intera filiera e la gestione dell’accesso alle informazioni, dall’altro offre vantaggi distintivi in termini di comunicazione verso i clienti e di valorizzazione dell’etica, della sostenibilità e della fiducia legata marchio, elementi cruciali per la fidelizzazione con il cliente. Le aziende che sapranno cogliere queste opportunità potranno non solo migliorare la loro immagine e la relazione con i consumatori, ma anche posizionarsi come leader nell’innovazione sostenibile del mercato di riferimento. 

Cosa chiedono i consumatori  

Per le aziende il passaporto digitale diventa uno strumento attraverso cui offrire risposte chiare alle crescenti esigenze dei consumatori che saranno messi nella condizione di fare sempre più spesso scelte eco-consapevoli e rispettose dell’ambiente, fino ad arrivare a influenzare, con il loro comportamento, la domanda del mercato verso prodotti più sostenibili. I clienti saranno dunque sempre più soddisfatti operando le loro scelte di acquisto con spirito critico. Le aziende, dal canto loro, valorizzando l’unicità dei propri prodotti grazie alle garanzie chieste dal DPP, avranno la possibilità di differenziarsi dalla concorrenza. Se ne deduce che chi lavorerà meglio sarà probabilmente premiato dal sistema. 

Il quadro normativo in cui si inserisce il DPP: un excursus dall’origine ai giorni nostri  

A novembre 2019, la Commissione europea ha presentato una strategia, denominata Green Deal europeo (o “patto verde europeo”), articolata in una serie di piani d’azione rivolti a diversi settori, con l’obiettivo di concretizzare l’impegno europeo per il raggiungimento della neutralità climatica. Così facendo, l’Unione europea ha iniziato a perseguire e progettare strategie di crescita inclusive di un adattamento ai cambiamenti climatici e alle necessità dell’ambiente. In particolare, il Green Deal europeo – parte integrante dell’Agenda 2030 dell’Onu – ha portato alla dichiarazione dell’ambizioso obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. 

Attuando gli impegni del patto verde europeo e del Piano d’azione per l’economia circolare (“Circular Economy Action Plan – CEAP”), la Strategia dell’Ue per un tessile sostenibile e circolare (“Textile strategy”) affronta il problema delle emissioni legate ai prodotti tessili, tenendo conto dell’intero ciclo di vita di essi. Dunque si preoccupa di proporre azioni coordinate per cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo gli articoli del settore tessile. L’obiettivo della Textile strategy è quello di rendere il settore tessile più sostenibile, competitivo e resiliente agli shock globali. In quest’ottica, la visione dell’Ue, da concretizzare entro il 2030, prevede che solo prodotti tessili durevoli, riparabili e riciclabili abbiano le caratteristiche necessarie per essere scambiati nell’ambito del mercato europeo. 

Tra le azioni lungimiranti previste dalla Strategia per il tessile, troviamo l’impegno da parte della Commissione europea ad aumentare la trasparenza dei processi all’interno della catena di valore del settore. Ed è proprio in questo ambito che si inserisce il nuovo Regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili (o “Ecodesign for Sustainable Products Regulation – ESPR”) appena pubblicato in via definitiva e in vigore dal prossimo 18 luglio.  

Per avere un’idea degli impatti che questo regolamento porterà all’interno dell’Unione europea, è possibile consultare l’analisi che accompagna la proposta del marzo 2022, che prevedeva l’adozione da parte della Commissione entro il 2027 di un massimo di 18 atti delegati per dare seguito alle regole in esso contenute. Tra le diverse novità, l’ESPR introduce per l’ appunto il Digital Product Passport (DPP). Questo regolamento si applica in realtà a qualsiasi bene fisico immesso sul mercato o messo in servizio, compresi i componenti e i prodotti intermedi, ad esclusione di alcune categorie di prodotti, tra cui ad esempio alimenti, mangimi e medicinali. La timeline per il momento risulta ancora provvisoria, ma si stima che l’applicazione dei requisiti normativi possa partire tra il 2026 e il 2027. 

Mentre l’Ue continua a lavorare su una normativa comune, la Francia rappresenta un’eccezione perché il governo ha anticipato di molto i tempi promulgando la legge AGEC (Anti-Gaspillage et Economie Circulaire), o legge anti-spreco, già nel febbraio 2020. Cinque articoli di questa legge, entrata in vigore nel gennaio 2023, introducono cambiamenti significativi per l’industria tessile e calzaturiera francese in quanto mirano a trasformare le abitudini di produzione e consumo, passando dall’ormai consolidato modello lineare a un nuovo approccio circolare, con l’obiettivo di limitare gli sprechi e preservare le risorse naturali, la biodiversità e il clima. In particolare, la legge AGEC armonizza, inquadra e specifica, in termini di contenuto e presentazione, una serie di indicazioni ambientali. In sostanza, prevede l’obbligo in capo ai produttori che operano in Francia di pubblicare, tramite strumenti e piattaforme digitali, una scheda prodotto che illustri le qualità e le caratteristiche ambientali dei modelli venduti sul territorio francese (regole applicate quindi anche ai produttori europei che operano in Francia). 

L’attuazione degli obblighi di informazione previsti dalla legge AGEC si sta concretizzando in tre diverse fasi: la prima – che include i produttori con fatturato annuo superiore ai 50 milioni di euro e almeno 25.000 unità di prodotto immesse sul mercato francese ogni anno – è già partita a gennaio 2023 e le altre si susseguiranno fino al 2025, sempre sulla base del fatturato annuo e del numero di prodotti. 

Iniziative europee e soluzioni emergenti sul mercato 

Al fine di dirimere alcuni dei punti più rilevanti connessi ai requisiti normativi fin qui citati e con l’obiettivo di esplorare le opzioni sul mercato, la Commissione europea ha finanziato, nell’ambito del programma Horizon, un progetto per preparare il terreno al graduale sviluppo del DPP. È stato fondato così il CIRPASS, coordinato dal ministero francese per l’energia atomica e le energie alternative, che si è occupato di svolgere degli approfondimenti relativi ai principali aspetti della normativa e di studiare possibili soluzioni per la creazione di standard e pratiche comuni che possano permettere l’adozione dello strumento in modo accessibile e concreto tra gli operatori di mercato (fashion e non solo). Al consorzio hanno preso parte diversi attori provenienti da diversi stati europei – tra i quali provider di soluzioni circolari, università, centri di ricerca ed enti no profit. Al fine di diffondere l’esito degli studi condotti, di fornire aggiornamenti sullo stato delle attività e di mappare le iniziative relative al DPP attualmente in corso sono già stati pubblicati diversi lavori. Il primo ciclo di attività si è concluso il 5 marzo scorso con una presentazione dei risultati ottenuti. E presto è attesa la ripartenza dei lavori (CIRPASS-2).

Facendo una ricognizione delle soluzioni disponibili sul mercato, l’offerta di servizi al momento è piuttosto variegata e si focalizza su diversi ambiti: si va da applicazioni principalmente orientate alla tracciabilità dei prodotti e alla raccolta delle informazioni riguardanti i fornitori (utilizzati quindi a supporto dei sistemi interni dell’azienda e/o come repository), passando per soluzioni ibride basate su cloud e integrabili all’ERP dell’azienda, fino allo sviluppo di tecnologie più sofisticate basate su blockchain, al fine di assicurare maggiori livelli di trasparenza, autenticità e integrità del dato. Inoltre, alcuni provider hanno lanciato iniziative atte a fornire servizi che consentano l’attivazione di un passaporto del prodotto in maniera più agevole e standardizzata (il cosiddetto DPPaaS – DPP as a service). 

Visto che molti aspetti sono ancora in fase di definizione, non è possibile né consigliabile usare un unico approccio. Ma, come per altre normative comunitarie, vige in ogni caso il principio di proporzionalità per cui ogni operatore dovrà scegliere una soluzione o un provider sulla base delle proprie possibilità e del proprio dimensionamento, favorendo le tecnologie che sono più affini alle proprie specificità. Data la mole di dati da produrre e l’impatto sulla tracciabilità in tutte le fasi del processo produttivo, rimane comunque ferma la necessità di assicurare, non solo la convenienza, ma anche l’affidabilità, la disponibilità e la scalabilità delle dotazioni di cui si avvolgono le aziende per produrre, trasmettere e conservare il passaporto. 

Anche per questo motivo, il testo della proposta sulla progettazione ecocompatibile prevede (all’articolo 19) che gli Stati membri adottino misure appropriate anche a supportare le PMI nell’applicazione delle specifiche di progettazione definite negli atti delegati. In aggiunta, è previsto che vengano assicurati dei meccanismi volti ad accrescere la consapevolezza delle PMI riguardo a queste specifiche e a creare opportunità di collaborazione, prevedendo, laddove possibile, un sostegno finanziario (anche attraverso la concessione di agevolazioni fiscali), l’accesso a finanziamenti, la formazione specializzata per i dirigenti e il personale e/o un’assistenza tecnica e organizzativa. 

CONTENUTI CORRELATI

AUTORI

Lorenzo Canale
Senior Consultant
Irene Vitali
Retail & Consumer Goods Senior Consultant
Giuseppe Diodato
Manager

Contenuti correlati

Articoli correlati

Joseph Schumpeter affermava che la crescita e la diffusione dell'innovazione sono abilitate dai brevetti, nello stesso modo in cui "le automobili viaggiano più velocemente di quanto farebbero altrimenti, perché sono dotate di freni". Intendeva con questo...
Negli ultimi anni, Bitcoin ha attirato crescente attenzione grazie alla speculazione finanziaria sulle criptovalute. Questa moneta digitale, basata sulla tecnologia blockchain, è emersa con l'obiettivo di rivoluzionare la concezione tradizionale di valuta e finanza. Qual è...
Sui social, a seconda della piattaforma, gli utenti hanno la possibilità di caricare foto profilo o di creare modelli 2D o 3D di se stessi. L’avatar, in tale contesto, è dunque la rappresentazione online dell’utente, un’identità...