AUTORI

Danilo Perrucci
Partner
Valerio Anastasio
Partner

Digitale & Sostenibilità: tra la spinta alla transizione ecologica e la necessità di un impatto ridotto

Che le risorse naturali non siano infinite e che anzi, proprio come conseguenza diretta dell’attività umana, stiano rapidamente esaurendo è ormai un triste – quanto preoccupante – dato di fatto.  

Di anno in anno, tipicamente in occasione di Giornate internazionali come quella dedicata alla terra o all’acqua, siamo soliti riflettere sul nostro impatto sul pianeta. Una riflessione che parte dalla sostenibilità e si conclude con la digitalizzazione: il digitale è infatti un grande abilitatore della sostenibilità, ma come fare a renderlo esso stesso un settore più sostenibile?

Di questo si occupa la sostenibilità digitale, un faro che guida la transizione digitale lungo la via del perseguimento degli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030, facendo quindi della tecnologia e dell’innovazione degli strumenti a servizio (ma anche oggetto) della transizione ecologica.

Due trasformazioni non in contrapposizione: il digitale sta vivendo oggi una nuova fase di maturità, in cui si è consci del suo impatto ambientale e del necessario ripensamento ed efficientamento a cui gli strumenti tecnologici – come qualsiasi altra attività umana – devono però tendere. Vediamo in che modo.

Dati alla mano, obiettivo in testa

Basandoci solamente sui dati, senza una lettura trasversale, la tecnologia non sembrerebbe essere poi così tanto green. Secondo l’Osservatorio ESG Big Tech 2023, se il digitale fosse una nazione sarebbe il quarto Paese al mondo per emissioni di CO2.  

Non benissimo dunque. Ma neppure così male, se volessimo lanciare una provocazione. L’eredità della pandemia del Covid19 ce l’ha insegnato: senza la tecnologia, il mondo tra il 2020 e il 2022 si sarebbe dovuto fermare. Tra fautori e non, l’accelerata della remotizzazione di attività come l’educazione e il lavoro ci ha permesso di continuare a mandare i nostri figli a scuola e di proseguire con i nostri lavori tramite lo smart working.

Certo, lo abbiamo imparato, anche una riunione in digitale inquina. E secondo una ricerca della Purdue University, pubblicata su Resources, Conservation & Recycling, inquina ancora di più se teniamo la videocamera accesa: se la spegnessimo, potremmo ridurre la carbon footprint del 96 per cento.

Ma questi dati nascondono, in una qualche maniera, l’alternativa decisamente non più sostenibile a questo consumo via meeting digitali: per un team dislocato, magari non solo in città ma anche in diversi Paesi, quanto costerebbe in termini di tempo, spostamenti e relativi inquinamenti, e non per ultimo in termini di stanchezza, vedersi di persona nello stesso posto e nello stesso orario?  

Forse questo consumo di energia, non quantificabile perché non omogeneo, non sarebbe poi così diverso da quello di una riunione online. Ed è dunque la missione che conta.

Non solo ICT e IA: il percorso Green IT  di BIP

Tra i settori che impattano maggiormente sull’ambiente, i più attenzionati sono sicuramente il digitale e l’ICT, l’ambito delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Il loro efficientamento passa attraverso un mix di interventi in ambito energetico: ad esempio, tramite l’utilizzo di software o hardware più aggiornati, e di conseguenza tramite la sostituzione di tutto ciò che è obsoleto. O tramite l’implementazione dei processi, per renderli più integrati tra loro, o il rendicontare quei dati che ad oggi sono conservati in maniera frammentata all’interno delle aziende.  

Anche il crescente consumo energetico dell’intelligenza artificiale sta sollevando serie preoccupazioni riguardo alla sua sostenibilità futura. Ma non è solo questo: ogni settore ha bisogno della sua dose di sostenibilità. Anche il settore dei servizi.

Su questo fa studio il caso di alcuni clienti nell’ambito dei servizi finanziari, con i quali BIP ha avviato un innovativo percorso di “Green IT” con l’obiettivo di ridurre l’impronta di carbonio ed incrementare l’efficienza energetica proveniente da questa area tecnologica.

Il primo passo per qualsiasi tipo di miglioramento sulle infrastrutture digitali è la misurazione di quello che impatta maggiormente a livello ambientale. Una volta acquisito tale dato scientifico, si può passare ai parametri di miglioramento: banalmente, si può allungare il ciclo di vita dei dispositivi tecnologici o si può agire sui comportamenti delle persone per renderle più consapevoli. Ma si possono anche creare dei software in ottica di efficientamento di consumi, che abbiano in pancia strumenti di IA.

L’X-Sustainability di BIP

Negli ultimi anni, sono sempre di più le aziende che hanno capito quanto la sostenibilità sia un’area nella quale investire, e che per questo si sono dotate di competenze in ambito energy, logistica, decarbonizzazione, economia circolare. La sostenibilità è una sfida ma anche un’opportunità non solo di efficientamento energetico, ma anche di risparmio economico e aumento dei profitti.

In BIP, per supportare e guidare le aziende in questo percorso, è nata una nuova area di servizi dedicati: gli “X-Sustainability”. Obiettivo: progettare roadmap di trasformazione sostenibili potenziate dal supporto delle ultime innovazioni digitali.

Oltre alle strategie di sostenibilità “data-driven”, un altro aspetto legato all’innovazione decisivo per migliorare la sostenibilità delle attività umane è l’intelligenza artificiale, che già adesso sta rivoluzionando il modo in cui le aziende affrontano le sfide della sostenibilità.  

Grazie alla sua capacità di analizzare grandi quantità di dati e di apprendere dai modelli, l’intelligenza artificiale offre infatti opportunità significative per migliorare l’impatto e le performance delle organizzazioni.  

Tre esempi concreti del perimetro di azione dell’area  X-Sustainability con differenti gittate:

  • il primo è relativo a “Personal Intelligence Tools”, una piattaforma basata sull’intelligenza artificiale in grado di automatizzare le ricerche in modo che le informazioni sull’azienda siano valorizzate, recuperando automaticamente informazioni sia dal web che dal database interno dell’azienda.
  • Il secondo caso concreto è legato alla piattaforma open source OS-Climate, promossa dalla Linux Foundation, di cui BIP è partner: in questo caso ogni azienda collabora per la costruzione di un modello di valutazione globale per stimare gli impatti del climate change.
  • Il terzo è il toolkit che BIP mette a disposizione dei grandi provider tecnologici per misurare l’impatto ambientale generato dall’utilizzo della stessa intelligenza artificiale, in modo da poterne in ogni momento quantificare i benefici e la sua footprint

Prospettive future e problemi attuali

Per il futuro, appare dunque impensabile immaginare una transizione ecologica che non sia supportata dalla tecnologia.  

Per svariati motivi: in primis, per questa grandissima disponibilità di informazioni. In secondo luogo per i sistemi, che saranno sempre più connessi digitalmente, per cui per impattare la realtà occorrerà avere una grande capacità di agire su di essi. E infine per i dati storici, come quelli del clima e delle temperature, che sono per definizione “vecchi”.  

Sarà necessario avere degli strumenti che velocemente sappiano fare proiezioni e riescano ad acquisire i trend di aumento temperatura e cambiamenti climatici per adattare il prima possibile le nostre realtà produttive e aziendali a delle condizioni che l’umanità non ha mai vissuto prima.

Nel futuro, sostenibilità e digitale dovranno essere sempre più interconnessi. Ma per farlo, dobbiamo fuggire da giudizi ideologici che non tengono conto che, senza il digitale, la situazione sarebbe sicuramente peggiore di quella che abbiamo oggi.

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