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Progettare esperienze accessibili e inclusive attraverso il digitale
Quando si parla di digitale, innovazione ed esseri umani, uno dei principali dibattiti è incentrato sul “rischio di declino dell’identità umana in seguito alla diffusione della tecnologia”.
Un confronto acceso e ricco di argomentazioni tra i sostenitori del “si stava meglio quando si stava peggio” e coloro che vedono le evoluzioni tecnologiche, scientifiche, socioculturali ed economiche come un’affermazione delle capacità dell’essere umano di soddisfare due dei suoi bisogni più radicati: sopravvivenza e curiosità verso il nuovo.
Il mondo fisico che abbiamo modellato si basa su materiali e lavorazioni progressivamente scoperti e perfezionati nel corso della storia. La portata di tali innovazioni tecniche la si vede nelle categorie utilizzate per periodizzare i vari stadi dell’umanità: Età della pietra, Età del bronzo, Età del ferro, Età del silicio. Se ci concentriamo sul periodo più recente, quello in cui viviamo oggi, possiamo osservare quanto le innovazioni tecnologiche ci abbiano consentito di ridefinire i concetti di spazio, di tempo, di abilità e di diversità, sperimentando nuove opportunità di partecipazione, collaborazione e progresso.
Tuttavia, le misure di confinamento o lockdown hanno posto tutti noi di fronte alla consapevolezza che anche se le tecnologie che abbiamo sviluppato hanno le potenzialità di garantire la continuità, come è stato in molti casi, il fattore chiave quando si parla di innovazioni e tecnologia è l’accessibilità in tutte le sue forme. Tendiamo a valutare i concetti lungo una sola dimensione. La sostenibilità come solo ambientale. La diversità come solo di gender. L’accessibilità come sola possibilità di accesso alle risorse.
Ma quando parliamo di inclusione e accessibilità c’è molto di più.
Caterina Falleni, Product Design Lead for Accessibility in Facebook, che ho avuto il piacere di conoscere quando ero nel clou della mia esperienza da startupper nel 2013, scrive:
“Progettare per l’accessibilità significa consentire a persone di tutte le capacità di percepire, comprendere, interagire con, e contribuire in modo equo al mondo del digitale e del web.”
Questa affermazione nella sua semplicità ci porta a riflettere su quali e quante esperienze digitali vengano progettate tenendo realmente a mente lo spettro delle abilità e i livelli dell’inclusione.
L’effetto è simile a quando ci si rende conto di un’illusione ottica, ad esempio la “Vecchia signora e la giovane donna” e non si riesce più a vedere un singolo elemento della composizione. È necessario guardare con occhi diversi il modo in cui progettiamo prodotti e servizi, tenendo in considerazione tutti i possibili destinatari.
Da una parte abbiamo il Design for accessibility e dall’altra abbiamo la sfida di costruire prodotti inclusivi tenendo conto di tutti i livelli di esperienza sensoriale, visuale, linguistica o culturale.
Whatsapp ha progressivamente ampliato il proprio set di emoji integrando dalle disabilità fisiche alla gender fluid.
Esempio che ad una prima riflessione potrebbe sembrare scontato, banale. Vi assicuro che non lo è. Quante volte vi è capitato di imbattervi in grafiche come quelle realizzate da Linkedin nella guida per l’utilizzo di Premium?
Forse questa sensibilità è un po’ più acuta in persone che, direttamente o indirettamente, vivono la diversità e riescono ad osservare in modo differente le esperienze digitali. È insieme a Gianluca, mio fratello minore paraplegico, e appassionato di videogiochi come me, che ho potuto valutare l’usabilità di prodotti e servizi con occhi diversi; testare console e accessori e comprendere il significato dell’accessibilità e inclusione.
Un’azienda in particolare ha scelto di adottare questo punto di vista nei suoi processi di design and development.
“Si rende necessario cambiare le regole del gioco affinché tutti possano giocare” è la missione del CEO di Microsoft Satya Nadella che punta a rendere tutti i prodotti e i servizi dell’azienda accessibili a tutti, facendo del design inclusivo parte del proprio DNA. Una visione sintetizzata nel payoff “Gaming for Everyone” e materializzata nell’Adaptive Controller per XBOX il cui spot ha fatto emozionare tutti noi (We all Win – Microsoft).
Secondo il rapporto mondiale sulla disabilità, messo a punto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e Banca mondiale, oltre un miliardo di persone, circa il 15% della popolazione mondiale, vive con qualche forma di disabilità. Di questi oltre 80% gioca ai videogiochi in modo più o meno costante.
Andare oltre i propri limiti fisici o psicologici. Definire nuovi sensi di appartenenza. Sentirsi ed essere parte di una community. Libertà di espressione della, o delle proprie identità. Partecipazione e competizione. Questi sono solo alcuni dei motivi per cui la gaming industry cresce esponenzialmente ed estende il proprio modello di business mostrando tutte le potenzialità per diventare la principale piattaforma di inclusione.
Per questo motivo tutti gli attori dell’ecosistema, dai publisher agli studi indipendenti di videogiochi, dai produttori di console agli organizzatori di tornei e-Sport, hanno integrato l’approccio del Design for Accessibility per progettare esperienze e prodotti inclusivi e piacevoli da fruire per tutti.
Affinché l’intento abbia successo, è fondamentale che questi principi siano adottati nelle primissime fasi di disegno del concept e di sviluppo, indipendentemente dal contenuto e dal media. Che sia un videogioco, una piattaforma di apprendimento, una campagna di digital marketing o un’applicazione per l’home banking. Ciò che è richiesto domanda che bisogna porsi è “Stiamo progettando secondo un approccio Accessibile by Design”?
Vuoi adottare i principi del Design for All nei tuoi prodotti, servizi o processi? Parla con i nostri esperti Francesca Iannibelli e Ivan Ortenzi QUI