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Picture by Shawna-X
Soundtrack articolo: “God gave me everything”, Mick Jagger
https://youtu.be/wUk_Dqiow0A
Perché scrivere un libro sulla trasformability? E perché farlo proprio ora?
Ecco la domanda che ci siamo posti all’inizio di questo viaggio, da cui è nato “Human Capital 4.0”. I meccanismi di apprendimento, di evoluzione, di cambiamento e sviluppo che governavano la vita e la sopravvivenza delle organizzazioni ormai non esistono più. Sono cambiati, come sono cambiate le persone, le cellule della nostra società.
La pandemia, che ha stravolto vite e nazioni intere – influenzando e mettendo a dura prova tutti i business, compreso il nostro – ha reso quanto mai evidente un aspetto che non possiamo più negare: viviamo in una nuova fase, in cui la persona è al centro. È dall’individuo che parte la miccia della trasformazione. Per essere tale, il cambiamento deve passare attraverso una profonda trasformazione individuale.
Una consapevolezza che ogni leader dovrebbe interiorizzare: il cambiamento nasce e si realizza con la persona. Detto altrimenti, un leader deve essere in grado di trasformare prima se stesso per attivare il meccanismo del cambiamento, a qualunque livello si voglia agire. Nella nostra esperienza, abbiamo capito che è il fattore P (come People) a creare valore. Proprio come nella formula chimica dell’acqua (H20), in cui l’elemento H è fondamentale, essenziale quanto l’ossigeno, così nelle organizzazioni è un altro elemento H (come Human) – ad essere linfa vitale indispensabile.
L’individuo è al centro dell’universo rotondo ed ecosistemico della trasform-ability, intesa come superamento del concetto di trasformazione, che accoglie nuovi modi di lavorare, modi di imparare, modi di innovare e di ripensare il futuro con gli occhi della nuova normalità. La trasformabilità è la prima tappa del nostro viaggio nel nuovo mondo dello Human Capital, in cui incontriamo anche l’adattività, l’apprenditività, l’innovabilità, la ripensabilità.
Ogni episodio è l’evoluzione del concetto precedente: da trasformazione a trasformabilità, da competenza a adattività, da apprendimento ad apprenditività, da innovazione a innovabilità, da management a ripensabilità.
Ed è sulla base di questi assi di riflessione e osservazione che abbiamo strutturato il libro, includendo testimonianze di CEO ed executives che hanno fatto della trasformabilità il loro principio ispiratore e organizzatore.
Dall’incontro e dal racconto che queste personalità ci hanno fatto, abbiamo condiviso che solo le organizzazioni in grado di imparare a imparare vanno avanti. Il momento storico che stiamo vivendo ci ha insegnato proprio questo, che il concetto di analfabetismo va rivisto e rivoluzionato, che “non conoscenza” sta nell’incapacità di imparare, disimparare e reimparare. Sopravvive chi è in grado di sviluppare non tanto la capacità di prevedere l’imprevisto – capacità che ha una contraddizione insita – ma chi impara a gestirlo, cavalcando agilmente l’onda e non facendosi sopraffare dall’acqua e dall’inaspettato.
L’imparare a imparare è il segreto di successo per non smettere di apprendere. Come ha detto Satya Nadella, CEO di Microsoft, “il futuro appartiene alle organizzazioni che accolgono la cultura dell’”imparare tutto piuttosto che sapere tutto”.
Come scrive Fabio Troiani, CEO Italy and Global Digital Services di BIP, nella prefazione del libro, “la sfida sta quindi nel trovare un insieme di talenti e modi di fare che, da un lato, garantiscano la flessibilità e l’adattività dell’impresa nel continuo, dall’altro, evitino scelte che rischiano di irrigidire e bloccare i processi innovativi”.
Il primo capitolo è dedicato alla trasform-ability, ed è proprio questo il punto da cui partiamo: la trasformabilità, come superamento della trasformazione. Accogliendo la testimonianza di Demetrio Migliorati, Head of Innovation di Banca Mediolanum, esploriamo la forma della “new normal organization” e dei fattori su cui – a nostro avviso – è urgente mettere in pratica per essere “nativi della trasformabilità”.
Il secondo capitolo approfondisce il tema dell’adattività. È quello che noi chiamiamo essere “perennial”, la capacità di essere sempre verdi. In un mondo del lavoro in cui vengono richieste sempre nuove competenze non è più necessario focalizzarsi sul “cosa” imparare, quello che conta diventa sempre di più il “come”. Bisogna agire come fa una pianta perenne, in grado di fiorire e rifiorire per molto tempo mantenendo vivo l’ecosistema. Così la generazione di appartenenza non definisce più il potenziale della persona, ma è la capacità continua ad apprendere dalle diversità e dall’ambiente in cui si vive, proprio come fanno le piante perenni che diventa rilevante. Ci ha dato il suo punto di vista sul tema Alberto Calcagno, CEO di Fastweb.
Nel terzo capitolo parliamo di apprenditività, degli effettivi benefici sull’employee in termini di sviluppo del proprio potenziale, di flourishing e di responsabilità individuale. Abbiamo arricchito il nostro punto di vista con il contributo di Maurizio Zollo, Head of Management Department @Imperial College di Londra.
Nel quarto capitolo, dedicato alla innovabilità, scopriamo insieme a Fabrizio Gavelli, CEO Danone Specialized Nutrition South Europe, che esiste un’alternativa ai modelli di business “profit-only” e che questa è attivabile soltanto a partire da una visione chiara sul proposito e sulle condizioni sistemiche del cambiamento.
Il quinto capitolo è il nostro punto di arrivo e, allo stesso tempo, punto di partenza. Parliamo di ripensabilità, l’evoluzione del concetto ormai troppo tradizionale di management. Come spiega Luca Solari, Professore Ordinario di Organizzazione aziendale per l’Università degli studi di Milano, nella nuova normalità non c’è più spazio per la distinzione tra manager e leader e la divisione netta tra ruoli che operano e ruoli che pensano.
Trasformabilità, adattività, apprenditività, innovabilità, ripensabilità sono dunque i cinque paradigmi per l’organizzazione che si trasforma, un processo in cui il fattore Human risulta indispensabile. Questi cinque paradigmi che danno vita all’innovazione sono legati da un fil rouge comune: ogni processo di trasformazione nasce, cresce e prosegue in una realtà complessa per natura, in cui molti accadimenti sono per natura imprevedibili. Solo l’acquisizione di fluidità e capacità di autoplasmarsi, acquisendo la forma più adatta al contesto, ci permetterà di avere quella agilità tale da governare non solo l’onda, ma un intero tsunami di imprevisti.
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