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La solitudine è un sentimento che di certo non è nato recentemente e che, al suo interno, racchiude molte sfaccettature. Possiamo considerarla una condizione, uno stato d’animo permanente o momentaneo, ma anche una risorsa positiva per la nostra vita, poiché ci obbliga a confrontarci.
Oggi, dopo aver vissuto una pandemia che ci ha costretto a ridurre al minimo i contatti umani e in un contesto dove il lavoro il concetto di work-life balance è stato messo da parte per lasciare il posto a quello di work-life integration, fluido per eccellenza, esiste anche una solitudine professionale? E se così fosse, come è possibile uscirne? Oppure, c’è un modo per trovare un equilibrio dentro di essa?
Sono queste le domande che ci hanno spinto ad approfondire la solitudine che colpisce le persone nell’ambiente di lavoro. Ne è emerso uno studio che indaga questo sentimento sia nella vita privata che in quella professionale. Il risultato è un ritratto del fenomeno, dalle cause che lo scaturiscono alle possibili soluzioni da adottare.
Una cosa è certa: la sensazione di solitudine è un sentimento comune, che non fa differenze di genere, generazioni e tantomeno di posizione professionale.
Se così tante persone hanno provato il sentimento di solitudine almeno una volta nella propria vita, quali sono le possibili cause?
Oggi giorno c’è principalmente un’innovazione che è onnipresente nella vita di quasi tutte le persone e a cui è difficile rinunciare: la tecnologia. È infatti questa, secondo la percezione del campione, la causa che attualmente enfatizza il senso di solitudine.
Ma ciò non è necessariamente negativo: provare questo sentimento alcune volte può apportare un contributo utile e favorevole alla vita di ciascuno di noi.
Ad esempio, può servire per guardarsi dentro, oppure per aumentare la propria creatività e prendersi più momenti di relax. Indubbiamente, il vantaggio che più persone ne traggono è riflettere su ciò che ci circonda.
Tutto ciò si riflette anche nella vita professionale di molti lavoratori, da coloro che sono alle prime esperienze a chi ha una lunga carriera alle spalle, anche se in maniera meno consistente. Il momento in cui si percepisce un sentimento di solitudine lavorativa può variare indubbiamente da persona a persona ma, in linea di massima, è molto più probabile sentirsi soli all’inizio della propria carriera.
Proviamo a pensare alle possibili cause della solitudine professione. Una cultura aziendale che non rispecchia i propri desideri o valori? Dei rapporti complicati con i propri colleghi o con il proprio capo? Un contratto precario? È complesso individuare la causa principale, ma la pandemia ha sicuramente enfatizzato questo sentimento. E ciò è perché ha costretto molte persone a lavorare da casa, distanti dai propri colleghi e circondate dalla propria vita privata, la quale si è fusa sempre più con quella professionale.
Visti questi numeri è indubbio che le organizzazioni debbano provare a contrastare questo sentimento, il quale potrebbe sfociare in dimissioni di massa – come evidenzia il fenomeno della Great Resignation – o in dinamiche e atteggiamenti come quelli assunti dal quiet quitter o dal job creeper.
Ovviamente, per evitare tutto ciò è fondamentale che il grado di soddisfazione da parte dei lavoratori verso la propria azienda sia elevato.
Una cosa non impossibile – si legge dal sondaggio – ma che deve includere anche la soddisfazione lavorativa di chi ha molti anni di carriera alle proprie spalle. Come i senior, ossia la fascia d’età tra i 50 e i 64 anni, che avendo vissuto le più grandi evoluzioni storiche delle organizzazioni, tra mode e tecnologie, ritengono insufficienti le attività messe in atto per il wellbeing.
Scarica il Report “Solitudine professionale” QUI.