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Vittorio Spinuso
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Crisi idrica: la tutela responsabile di utenti e imprese per l’oro blu

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 C’è chi la chiama oro blu, consapevole del grande valore che ha per la vita. L’acqua – in qualsiasi modo la si voglia definire – rappresenta forse la risorsa più preziosa e problematica del nostro presente, fonte di sopravvivenza e per questo fonte anche di guerre di accaparramento

Di acqua ne è coperto il nostro Pianeta per il 70%, ma solo il 2,5% di questa è dolce. Una percentuale destinata a non coprirne la crescente domanda collegata all’aumento della popolazione a livello globale. E che è messa ancora più sotto stress dal cambiamento climatico, che rende l’accesso alla risorsa distribuito in maniera diseguale in molti Paesi, e dall’aumento della siccità, che secondo i dati Ispra negli ultimi 30 anni (1991-2020) ha provocato una riduzione della disponibilità idrica del 19% rispetto al trentennio precedente (1921-1950). 

C’è un altro aspetto da non sottovalutare in questa crisi: la dispersione di acqua potabile lungo la rete, un problema serio e purtroppo costante in Italia. Secondo gli ultimi dati Istat relativi al 2022, nelle nostre reti idriche si perde ancora il 42,4% di acqua potabile. Una quantità di acqua che, dicono gli analisti, basterebbe a soddisfare le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno (ossia il 75% della popolazione italiana). 

Non si può più attendere: è il momento dell’acqua. È il momento di prendere le scelte giuste. A partire delle perdite idriche, di cui i 1.900 milioni stanziati dal PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) offrono una grande opportunità per agire e mettere in atto soluzioni di resilienza, modernizzando le reti di distribuzione

Una crisi non così lontana dalla nostra quotidianità  

Come spesso accade di fronte a contesti globali e scenari emergenziali, supportati da dati e percentuali, la sensazione comune è quella di qualcosa più grande di noi. Qualcosa che non ci riguarda dunque, qualcosa che non impatta nelle nostre vite.  

Nulla di più sbagliato. Se guardiamo al tema delle perdite di acqua, ovviamente il primo problema risiede nel fatto che le nostre tubature siano vecchie: il 25% di queste ha più di 50 anni e il 60% più di 30. Anzianità collegata a doppio filo con il rischio di rotture

Per capire quanto ci riguarda, due sono i casi emblematici di quest’estate appena passata. Siamo a Napoli, si verifica l’esplosione di una conduttura a Castellammare di Stabia. È il caos: Capri è senz’acqua causa guasto idrico e vieta l’accesso ai turisti. 

Da sud a nord, anche Milano si trova ad affrontare i disagi causati dalla rottura di una tubatura dell’acquedotto in un cantiere: allagata via Fontana, oltre 400 famiglie senza acqua né luce e stop a tutte le attività commerciali. L’erogazione idrica è proseguita per non togliere l’acqua al Policlinico. 

Non qualcosa di così lontano da noi, dunque. E che comporta danni per il turismo, per le attività commerciali e anche danni di natura sanitaria. In questo caso la tecnologia aiuta, ma rivedere i modelli operativi significa anche predisporre adeguati piani emergenziali.  

L’Italia a due velocità  

Per far fronte al problema delle perdite idriche è necessaria una doppia azione, da parte del regolatore ma anche da parte dell’utenza – che siano cittadini, imprese agricole oppure industriali – verso un uso che sia sempre più sostenibile e consapevole dell’acqua, una risorsa che abbiamo imparato non essere infinita

Questa trasformazione riguarda anche il ruolo dei gestori. Un altro problema connesso al tema risiede nel fatto che le risorse idriche in Italia sono gestite in modo frammentato e inefficiente, e parallelamente che gli operatori del settore idrico hanno scarsa capacità industriale, soprattutto al Sud. 

Come soluzione è auspicabile un’azione di networking, di aggregazione. Soprattutto in un momento storico in cui l’Italia viaggia a due velocità, tra gestori che sono fermi e gestori che mettono a terra milioni di euro grazie all’accesso ai fondi del PNRR

Viviamo il momento temporale perfetto per poter cogliere le opportunità dei fondi comunitari – che contribuiscono ad accelerare l’evoluzione del mercato idrico – per trasformare la gestione dell’acqua in un servizio industrializzato. Ma per poterne cogliere tutte le potenzialità non basta fare investimenti o comprare soluzioni innovative: occorre un percorso strutturato sulla base del quale progettare soluzioni mirate

Percorsi di Water Saving 

Il primo passo per evitare la dispersione di acqua potabile è identificare il tratto in cui si verificano le perdite. In base alla maturità del gestore, questo può essere fatto tramite soluzioni satellitari o tramite un aggregatore dati da sensori, una soluzione che ti permette di dividere il territorio e controllarlo con misurazione di campo

Una volta identificato il tratto di rete problematico si può agire di conseguenza, intervenendo con opere di gestione e manutenzione o con investimenti mirati, che sono parte della soluzione. Anche l’analisi predittiva ci aiuta, tramite dati predittivi che incidono sulla durata di vita delle condotte e che ci permettono di prevenire future perdite e malfunzionamenti, evitando le interruzioni, riducendo gli sprechi e l’impatto ambientale. 

Fondamentale ridurre l’urgenza e quindi i costi, sia economici che sociali annessi agli interventi, e ottimizzare gli investimenti e gli sforzi manutentivi. Non in ultimo, si può intervenire anche per prolungare la vita utile degli asset, mantenendoli in condizioni ottimali, rallentando il loro degrado e prolungando la loro vita utile. 

Lavorare su questi processi senza un adeguato lavoro sul cambiamento culturale della percezione dell’acqua e della sua trasformazione digitale risulta però inefficace. La tecnologia messa in campo è solamente la base di un processo più ampio, che riguarda scelte oculate non necessariamente uguali per tutte le situazioni. 

Di investimenti, consumi responsabili…  

Non desta stupore, contestualizzata la situazione, come numerosi studi indichino che le perdite idriche fino al 2026 resteranno il principale oggetto di investimento. L’obiettivo è ottimizzare le risorse economiche, scegliendo il tratto di rete con più perdite e cominciando da quello, introducendo sistemi di controllo avanzati

Gran parte degli investimenti parte dalla distrettualizzazione delle reti idriche, ossia dalla suddivisione di un’intera rete idrica in distretti idraulici, ovvero in porzioni di rete che presentano caratteristiche idrauliche omogenee. Si tratta della risposta più innovativa ed efficace per avere un controllo totale sulla rete idrica, garantendo anche un monitoraggio real time costante. 

Altri tipi di investimenti riguardano la sostituzione di dispositivi di campo tradizionali con dispositivi smart, l’introduzione di sistemi informatici utili per ottimizzare la rete e identificare la pressione ottimale per sprecare acqua il meno possibile e, ovviamente, la sostituzione di condotti e tubature antiquate

…e impronte idriche 

L’occasione ci consente di confermare la scelta che il Paese ha fatto di considerare l’acqua come un bene pubblico non vendibile, di disponibilità di tutti. Ed è quindi responsabilità comune tutelarlo

Per questo occorre agire anche a livello personale: In Italia deteniamo il triste primato di sprecare più acqua rispetto agli altri paesi d’Europa. Un consumo diretto a cui si aggiunge quello indiretto legato all’acqua nascosta che utilizziamo per produrre beni ed alimenti. Per il WWF, “ogni fase produttiva può consumare acqua. La somma di tutti questi consumi rappresenta l’impronta idrica quotidiana, per il 90% determinata dal cibo che mangiamo. In Italia abbiamo una delle impronte idriche più alte d’Europa”. 

È il momento dell’acqua, dicevamo. Ma è anche il momento di un cambio di mentalità: siamo il primo paese al mondo per numero di persone che bevono acqua in bottiglia (con quasi 250 litri per abitante all’anno contro una media europea di 121, secondo i dati del 2022 della Natural mineral waters Europe association), eppure l’acqua potabile che esce dai nostri rubinetti è sana e sicura , controllata giornalmente dalle Gestioni nel rispetto delle normative vigenti.  

Lo conferma per la prima volta un rapporto a livello nazionale, elaborato dal Centro nazionale per la sicurezza delle acque dell’Istituto superiore di sanità (Iss), istituito nel 2023 in attuazione della direttiva europea 2020/2184 (e disciplinato con l’articolo 19 del decreto legislativo 18 del 2023). 

Anche questo significa tutelare l’acqua ed evitarne la sua dispersione

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