AUTORI

Francesco Di Bari
Media, Telco & Digital Insurance
Maria Vittoria Garavaglia
Manager
Michele Pace
Senior Consultant

Il gioco sta cambiando.

3 buoni motivi per cui i media tradizionali dovrebbero investire nel gaming.

Le ragioni della loro espansione sono molteplici e potremmo iniziare a ricercarle fra i dispositivi necessari per giocare: se anni fa era indispensabile una consolle collegata ad uno schermo, oggi gli smartphone hanno fornito tutti di una consolle, e per di più portatile.

Non c’è da stupirsi se il periodo di quarantena ha definitivamente sfidato lo stereotipo del giocatore come individuo isolato: le persone hanno visto nei videogames un mezzo di evasione che ha fornito loro un nuovo modo di connettersi e vedere virtualmente amici, parenti e conoscenti ma anche una via per conoscere nuove persone, in un mondo dove non era possibile incontrare nemmeno il proprio vicino di casa.

Durante la pandemia questo settore ha così vissuto una crescita esponenziale: secondo Superdata, il turnover globale ha toccato i 10 milioni di dollari nel solo mese di marzo 2020, mentre Newzoo ha riportato una crescita del 23%, raggiungendo i 177.8 miliardi di dollari nel 2020, importo che si stima aumentare ulteriormente fino a quasi 200 miliardi di dollari entro il 2023.

Tuttavia, la vera rivoluzione è segnata dall’ingresso del gaming all’interno di settori prima distanti da questo mondo. Molti brand globali hanno scelto di inserire il gaming all’interno delle proprie strategie di marketing: a partire da Louis Vuitton che ha vestito alcuni personaggi di League of Legends, Burger King che ha sponsorizzato una squadra inglese di calcio con il solo scopo di mostrare il proprio brand sulle divise di FIFA, fino ai più recenti Moncler che veste Fortnite (rigorosamente a pagamento) o Nike che crea “NIKELAND” su Roblox. Ma un settore su tutti sta guardando con particolare attenzione questi fenomeni: l’intrattenimento.

Lo status quo dei media tradizionali

Non c’è dubbio che i mezzi di comunicazione occupino da sempre un ruolo importante nella nostra vita, sia per il tempo che vi dedichiamo, sia per il loro “potere” nel guidare le nostre decisioni come consumatori (non a caso vengono chiamati “il quinto potere”). Ed è proprio questa capacità di influenzare le scelte di acquisto di ognuno di noi che ha reso i media tradizionali uno strumento di marketing fino ad oggi imprescindibile. Eppure qualcosa inizia a scricchiolare.

La nostra ricerca vuole fornire una panoramica sul mercato italiano dei videogame ed eSports, e sul comportamento dei gamers pre e post Covid, per capire al meglio come i media più tradizionali possono far fronte a tre trend emergenti che possiamo così riassumere:

Difficoltà nel trovare nuovi percorsi di crescita. Molti player, dalle aziende tech a personaggi dello spettacolo, hanno avuto l’opportunità di azzardare l’ingresso nel mondo dell’entertainment, producendo e diventando loro stessi nuovi contenuti che hanno contribuito ad espandere ulteriormente le opportunità di fruizione degli utenti In un contesto dove i media tradizionali già subivano attacchi da questi nuovi player, hanno accusato un ulteriore duro colpo nell’era del Covid-19: una drastica riduzione dei ricavi provenienti da advertising sui grandi schermi è stata inevitabile (più del -7% solo in italia), dettata anche da un calo nella produzione dei contenuti, con film, serie TV e shows che hanno subito forti ritardi.

Al contempo tanti eventi sportivi si sono trasformati in esports durante il lockdown, di per sé fruibili nella loro forma nativa, nonostante le restrizioni.

Si può quindi dire che un settore fra tutti ha avuto spinta positiva dalla pandemia, il gaming per l’appunto, in quanto produttore di contenuti originali in un momento in cui per i media tradizionali era impossibile produrne.

Eat or be eaten.” La competizione di mercato si sta spostando dalla classica market share ad una più atipica share of time: il gaming è considerato un passatempo a tutti gli effetti, e ad oggi occupa una quota di tempo maggiore di quella dedicata ad attività tradizionali come sport & wellness o lettura.

Per rafforzare il proprio posizionamento di mercato e diventare più rilevanti in una logica di share of time, le aziende media hanno effettuato grandi investimenti per entrare nel mondo dei videogiochi. Anche i grandi player del gaming sono in fermento, tanto da ricorrere ad operazioni di M&A, spesso di volumi importanti, come ad esempio l’acquisizione di ZeniMax da parte di Microsoft per la cifra di 7,67 miliardi, o Zynga che ha acquisito la turca Peak Games per quasi 2 miliardi di dollari.

La partita dell’intrattenimento è appena iniziata. Probabilmente il Covid-19 ha solo accelerato quello che era il destino del gaming, portandolo al servizio di numerosi utenti che hanno scoperto uno strumento di distrazione e di community-building che ha spazio per tutti: giocatori e spettatori. Ad oggi i videogames possono superare le produzioni Hollywood, come quanto avvenuto nel 2018 con Red Dead Redemption 2, rispetto al blockbuster Avengers – Infinity War.

In questo contesto è facile porsi domande come “Quali strategie bisogna perseguire per competere in questo nuovo mercato?” oppure “Che cosa possono fare le aziende per sfruttare queste opportunità? “.

La nostra risposta? IT’S TIME TO PLAY!

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