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Luca Maniscalco

L’evoluzione audio: dalla radio al podcast per il business

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La radio nasce nel 1896 e si diffonde subito in tutto il mondo per la facilità di installazione delle reti ed economicità del mezzo. Un dispositivo che nel tempo, soprattutto dopo la digitalizzazione, ha cambiato pelle, seppur mantenendo il suo imprinting principale: il suono. 

Tra le tante evoluzioni, la radio diventa “radiovisione” grazie all’approdo dei canali sul digitale terrestre. In questo modo gli ascoltatori diventano più propriamente “contatti”, considerando che gli utenti arrivano alla radio anche da siti web e altre piattaforme digitali. Tra le molte le più celebri sono Spotify e Spreaker, due amplificatori di radio ma anche di quello che oggi è lo strumento audio didattico e di intrattenimento più diffuso al momento: il podcast.

Infatti, come rileva IPSOS, sono 11,1 milioni gli italiani che hanno ascoltato un podcast nel 2022, in costante aumento dall’inizio delle rilevazioni dati nel 2019, quando erano 2.5 milioni di utenti in meno. 

Il pubblico dei podcast è giovane – 43% di under 35, laureato – nel 2022 i target laureati raggiungono il 30% – e molto concentrato tra i professionisti, circa l’11%. 

Il dispositivo più utilizzato per la fruizione è lo smartphone, ma gli utenti non disdegnano l’uso di altri strumenti come computer, tablet e smart speaker. 

Il social network Clubhouse – nato nel 2020 come piattaforma di condivisione di messaggi audio – sembra non aver attecchito, ma come tutte le novità ha lasciato dei semi negli altri canali social, dato che perfino LinkedIn ha lanciato i suoi “live audio event”.

Corsi di laurea, master, specializzazioni in Radio per i giovani, ma anche masterclass sul public speaking e lezioni sul miglioramento dell’uso della propria voce per manager attenti alle soft skill in questo periodo post pandemico.

E i mestieri? Il fonico diventa un tecnico del suono 4.0, poiché la tecnologia oggi è fondamentale per la produzione musicale. Ma emergono anche competenze rinnovate per i tecnici di montaggio o di produzione. E poi, resta sempre il sogno di diventare conduttore radiofonico, ma anche questa figura si trasforma in quella di un professionista a 360 gradi che si cimenta nei podcast, insegna e diventa un ambassador del corretto utilizzo della voce.

Tra questi professionisti dell’audio, ho scelto di intervistare Betty Senatore, conduttrice radiofonica, attrice, presentatrice di eventi e coach di Public Speaking (ad oggi) con oltre 20 anni di carriera alle spalle.

Betty, se ti dico radio, tu cosa mi rispondi?

Immediatezza e spontaneità, caratteristiche che da sempre contraddistinguono questo mezzo antico, ma sempre al passo con i tempi.

Allora, chi è oggi un professionista della Radio? Chi c’è davanti e dietro le quinte? 

Lo sono tutti. Quando la radio privata si è diffusa molti si improvvisavano davanti e dietro al microfono, mentre adesso (nella maggior parte dei casi!) ci sono persone che la studiano e la vivono come una professione a tutti gli effetti, non solo come un passatempo. Stanno infatti crescendo master universitari e corsi che aiutano a studiare questo mezzo in tutta la sua completezza.

Mi fai alcuni esempi di professioni che non esistevano quando hai iniziato e che adesso sono fondamentali? 

Marketing, programmatore musicale (prima il conduttore si portava i dischi da casa!) che sceglie, in base al target di riferimento, la musica da passare. Poi, ovviamente, il social media manager.

Cosa consiglieresti a un giovane che si approccia a questa professione? 
Di studiare, essere consapevole che alla radio si lavora quando gli altri si divertono (non si fa distinzione tra giorni di festa e feriali) ed essere curioso: servirà tutto!

Tu sei un esempio lampante di personaggio poliedrico, da conduttrice a coach. Parlami di Voice Public Speaking. 

Per parlare di fronte a un pubblico bisogna saper usare le parole, il corpo e la voce. Con la mia esperienza radiofonica e teatrale parto dalla voce, che è l’ambito che mi è più familiare, per approfondire la comunicazione e arrivare a ottenere dei risultati con i propri speech. Dico sempre che non esistono voci brutte, ma tutte quelle che fuoriescono da un corpo “rilassato” sono voci belle. Bisogna prepararsi tanto, studiare per parlare bene e, soprattutto, essere rilassati e gestire l’ansia. Creare delle belle slide è utile, ma non sufficiente. 

Siamo in un’epoca in cui i manager, e non solo, devono sviluppare le proprie soft skill. Quanto è importante la voce? 

I linguaggi della comunicazione sono tutti importanti e devono procedere in sintonia (linguaggio verbale, non verbale e paraverbale). Usare la voce, quindi il linguaggio paraverbale, è soprattutto importante per comunicare in un mondo come quello post pandemia dove gli incontri online sono aumentati. Basti pensare a un webinar con slide: se non si ha una buona capacità di usare la propria voce, con ritmo, cambi di tonalità e volume, le persone che guardano solo le slide, in mancanza della presenza fisica, rischiano di perdere la concentrazione dopo poco tempo. In più ci sono molte più realtà dove la voce è protagonista, compresi alcuni social network che si sono buttati su questo ambito, pensa anche LinkedIn.

Ti viene in mente un esempio concreto di professionista che grazie al lavoro sulla sua voce ha migliorato la sua prospettiva lavorativa?

La voce serve a chiunque quindi è indispensabile che tutti la sappiano usare: dagli insegnanti, che spesso si trovano a parlare di fronte ai ragazzi, sia al manager di un’azienda

E come si può avere un buon rapporto con il proprio pubblico? Quanto è importante chi sta dall’altra parte? 

Bisogna sempre pensare che il Public speaking è 50% parole e 50% ascolto, sia di se stessi che delle reazioni altrui. Non si può prescindere dall’ascolto per avere una comunicazione efficace.

Hai – naturalmente – anche esplorato i podcast. Che differenze trovi con la radio “tradizionale”? 

Il podcast è un mezzo di comunicazione meno immediato della radio, dove si ha la possibilità di approfondire di più alcuni temi e creare fidelizzazione. Lo penso come un modo di comunicare verticale, che va in profondità con un determinato target, rispetto alla radio che si muove in orizzontale quindi rivolta a un pubblico più eterogeneo e distratto. Il podcast si decide di ascoltare, la radio fa spesso anche da sottofondo, è una compagnia. 

E i social li usi? 

Sì, anche se non è facile starci dentro. Sono spesso sfogo di molta rabbia ma fortunatamente nessuno la scarica contro di me! Li utilizzo per comunicare ancora meglio con i miei ascoltatori e tutti coloro che sono interessati ai contenuti che condivido, sia del mio programma su Radio Capital che sul Public speaking. 

Previsione per il futuro dell’audio? 

Sarà sempre più protagonista, anche con mezzi più sofisticati. 

Bio:
Betty Senatore è una conduttrice radiofonica, attrice, presentatrice di eventi e coach di Public Speaking. Da oltre 25 anni lavora nel mondo della radio come conduttrice e autrice, prima a Radio 2 e adesso a Radio Capital. Dal 2022 conduce un podcast quotidiano dal titolo “Che film guardo stasera” prodotto da Onepodcast. La sua formazione come attrice è avvenuta con il metodo Stanislavskij alla scuola di Beatrice Bracco e alla International Acting School di Roma poi, per perfezionare le conoscenze nel mondo della voce, ha frequentato corsi sui metodi Voicecraft, Tomatis e Linklater conseguendo il riconoscimento come coach di  public speaking con Max Formisano. Da 10 anni svolge il mestiere di coach per aziende e privati e dal 2020 insegna anche Public speaking per il web.

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