AUTORI

Alessia Canfarini
Human Capital

LONELY BOY

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Illustration by Moon K Jo

La prima cosa che vedi a Piazza del Campo a Siena è la Torre civica.

È stato bello rivederla dopo tanto tempo, col sole, senza schermi.

Perché si chiami “Torre Del Mangia” l’ho scoperto solo qualche tempo fa, a pranzo, con un collega del posto.

Pare che uno dei suoi primi campanari, tale Giovanni di Balduccio, fosse solito sperperare all’istante tutto ciò che guadagnava e questa propensione gli valse il soprannome di “Mangiaguadagni”, poi abbreviato nel tempo in “Mangia”.

Ma c’è un’altra storia che rende la città suggestiva.

Circa 700 anni fa Siena era infatti una fiorente centrale bancaria e proto-industriale con oltre 50.000 abitanti, un numero paragonabile solo alle grandi “megalopoli” medievali del tempo come Parigi, Londra e Milano.

Poi, nel 1348, proprio quando si trovava nel pieno del suo periodo d’oro, la sua prosperità fu interrotta improvvisamente dalla peste nera.

In pochi anni, infatti, perse il 60% della sua popolazione ed entrò in un forte declino, cadendo nell’oscurità.

Ci sono voluti sette secoli perché la città recuperasse le sue dimensioni pre-pandemiche.

Pandemia, spopolamento, rinascita (quindi è una storia che si ripete?), Mutatis mutandis, forse.

Perché se è vero che le condizioni di contesto sono totalmente mutate in termini di accelerazione, impatto e progresso, è altrettanto vero che lo sconvolgimento sociale ed economico che ha causato il Covid-19 sta già lasciando segni fisici ed emotivi nelle città d’Europa: i quartieri pulsanti e trafficati di un tempo si sono svuotati mentre le persone hanno scelto o sono state costrette a lavorare in condizioni differenti (es. da casa).

C’è anche motivo di credere che questa pandemia possa avere un impatto ancora più duraturo rispetto ai precedenti storici.

Per la prima volta da quando le prime città emersero nella Mezzaluna Fertile circa 6.000 anni fa, i centri urbani concentrati non hanno più il monopolio dei collegamenti economici e culturali che fanno progredire le civiltà.

Per molti lavoratori preoccupati per virus e per i datori di lavoro che cercano di ridurre i costi durante la crisi economica che ne è seguita, tecnologie come videoconferenze, documenti condivisi e messaggistica istantanea forniscono valide alternative ai grattacieli di cui tutti, a diversi livelli, abbiamo in fondo sperimentato l’efficacia.

Nel frattempo, servizi come lo streaming di video e social media e siti web come Reddit e Twitter offrono un assaggio dell’effervescenza culturale e di quel senso di comunità in movimento che ha attirato i più nei grandi centri nel corso dei secoli.

Improvvisamente, tutto ciò che ci sembrava essere elettrizzante delle città ha perso il suo appeal e la sua esclusiva dimensione fisica, sia nel lavoro che nella nostra vita privata.

Riflettendoci, non avremmo nemmeno più bisogno di un bar o di un ristorante per incontrare la nostra anima gemella: ci pensa l’algoritmo di Tinder.

Da Tinder ai non-luoghi di Marc Augé il passo è breve.

I non luoghi nascono per definizione in contrapposizione ai luoghi antropologici e sono quindi tutti quegli spazi che hanno la peculiarità di non essere identitari, relazionali e storici.

Non identitario, non relazionale, non storico: qualcuno direbbe sia proprio questo il ritratto della nostra famigerata nuova normalità.

Ma non è forse anche il new normal un ricorso storico? Niente di nuovo sotto il sole, quindi.

Perché della nuova normalità, il caro Marc ne avrebbe parlato in termini di sovramodernismo ovvero degli effetti di quella iperconnessione tra fenomeni sociali, intellettuali ed economici in contesti complessi e in continua, veloce evoluzione.

In questo nostro sovramodernismo 2.0 sembrano permanere alcune caratteristiche di fondo con cui abbiamo dovuto fare i conti, persino nella quotidianità.

Primo, un eccesso di tempo.

La temporalità presente è affollata di avvenimenti che finiscono presto nel dimenticatoio del passato e la loro fugacità non lascia spazio alla programmazione di un futuro a lungo termine.

Secondo, un eccesso di spazio.

Il mondo allarga i propri orizzonti stanziali e sempre maggiori sono le grandi concentrazioni urbane, i trasferimenti di popolazioni e moltiplicazione di installazioni e mezzi per la circolazione accelerata.

Il Covid-19, nonostante una battuta d’arresto nel breve periodo, sembra non fermare questa tendenza (nel 2030, il 70% della popolazione mondiale sarà ancora concentrato nelle grandi città).

Terzo, un eccesso di ego: l’aumento spropositato dei riferimenti spaziali e temporali rende necessaria per ciascuno la ricerca di un percorso personale che risponda alle istanze del dinamismo contemporaneo.

Tempo, spazio, ego.

Alzi la mano chi non abbia avvertito e poi vissuto in questo periodo una sensazione di sospensione nel tempo, nello spazio, nello scopo personale.

Nella vita come nel lavoro, nelle città come nelle organizzazioni.

E mentre il confine tra questi mondi prima contrapposti si fa sempre più sfumato, avvertiamo la sensazione che ci sia una correlazione tra il mutamento di pelle delle città e quello delle organizzazioni.

Allo svuotamento delle città corrisponde uno svuotamento delle organizzazioni.

Se proviamo a dimostrare questo assunto con le dinamiche osservate in questi mesi dobbiamo accettare che l’accezione di “svuotamento” non sia solo fisico e spaziale.

Non è la sedia, non è la sala riunioni, non è l’edificio a svuotarsi. È il senso.

La città metafisica di Giorgio De Chirico

Abbiamo la possibilità di essere sempre iperconnessi.

È l’incantesimo dei non-luoghi, quelli che hanno “la curiosa proprietà di essere in relazione con tutti gli altri luoghi, ma con una modalità che consente loro di sospendere, neutralizzare e invertire l’insieme dei rapporti che sono da essi stessi delineati, riflessi e rispecchiati“.

Stare in relazione senza essere in relazione, sembra qui dirci Augé, il quale sosteneva in tempi non sospetti e con parole sofisticate quello che abbiamo sperimentato tutti nel periodo di isolamento forzato e ci confermano anche i primi report internazionali che tentano di dare una forma ai new ways of working sperimentati con la pandemia.

Ricostruire il senso e ricondurlo al lavoro ibrido è la priorità per le organizzazioni, pena la perdita del loro potere catalizzante di talenti, competenze, innovazione.

Mi rassicurerebbe sapere che qualcuno, da qualche parte del mondo, abbia già sviluppato la formula per farlo.

Ma una formula non c’è e, brutta notizia, non la troverai neanche arrivando in fondo all’articolo (forse).

Ma allora, se non c’è, partiamo per ispirazione e per imitazione.

E se accettiamo che ci possa essere una correlazione tra le dinamiche della città e quelle delle organizzazioni, partiamo dall’osservazione delle città.

Eurocities 2020, progetto europeo sull’evoluzione delle città post-covid, è un ottimo esercizio in tal senso. Il punto di partenza, consolidatosi nella conferenza dello scorso novembre totalmente online, è che una nuova realtà stia prendendo forma nelle città, sia in Europa che nel mondo.

Per questo i leader e gli esperti delle città coinvolte – Atene, Bruxelles, Ghent, Helsinky, Leipzig, Londra, Mannheim, Parigi e Turku – hanno esplorato i percorsi per la ripresa e la resilienza dopo la pandemia e hanno discusso del futuro delle città.

Una conversazione tuttora aperta, per reinventare il futuro urbano, che si è aggregata intorno a sei attributi: inclusività, prosperità, vigore, benessere e movimento, localizzazione, governance.

Alcuni statement accompagnano questi attributi per il futuro delle città.

Tutti, meravigliosamente applicabili alle nostre organizzazioni:

Numero 1. Tutte le persone devono essere messe nelle condizioni di vivere e sperimentare appieno il proprio potenziale. È questo ciò che rende una città (e un’organizzazione) inclusiva.

Numero 2. Una città (e un’organizzazione) è prospera se è buona per le persone e per l’ambiente.

Numero 3. Gentili con l’ambiente, non solo quello naturale. È questo ciò che rende una città (e un’organizzazione) in salute e in movimento.

Numero 4. La cultura e gli spazi pubblici ricostruiranno il futuro delle città (e delle organizzazioni).

Numero 5. Le città (e le organizzazioni) stanno attraversando problemi globali. Con una leadership che ripensi se stessa saranno in grado di affrontarli efficacemente a livello locale.

Numero 6.  Un buon governo delle città (e delle organizzazioni) lavora non solo per le persone ma con le persone.

(Per chi crede nei numeri, il 6 è il numero dell’equilibrio e dell’ordine perfetto).

I non-luoghi sono incentrati solamente sul presente e sono altamente rappresentativi della nostra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà assoluta (non solo nel campo lavorativo), dalla provvisorietà, dal transito e dal passaggio e da un individualismo solitario.

Le persone transitano nei non-luoghi ma nessuno vi abita.

Voglio chiudere questo articolo con le parole dell’autore americano Max Ehrmann (1827-1945), perfette per definire la perenne ricerca di senso dell’uomo tra “luogo e non-luogo”.

“Procedi con calma tra il frastuono e la fretta e ricorda quale pace possa esservi nel silenzio.
Per quanto puoi, senza cedimenti, mantieniti in buoni rapporti con tutti.

Esponi la tua opinione con tranquilla chiarezza e ascolta gli altri: pur se noiosi e incolti, hanno anch’essi una loro storia.

Evita le persone volgari e prepotenti: costituiscono un tormento per lo spirito.

Se insisti nel confrontarti con gli altri rischi di diventare borioso e amaro, perché sempre esisteranno individui migliori e peggiori di te.
Godi dei tuoi successi e anche dei tuoi progetti.

Mantieni interesse per la tua professione, per quanto umile: essa costituisce un vero patrimonio nella mutevole fortuna del tempo.

Usa prudenza nei tuoi affari, perché il mondo è pieno d’inganno.

Ma questo non ti renda cieco a quanto vi è di virtù: molti sono coloro che perseguono alti ideali e dovunque la vita è colma di eroismo.
Sii te stesso.

Soprattutto non fingere negli affetti.

Non ostentare cinismo verso l’amore, perché, pur di fronte a qualsiasi delusione e aridità, esso resta perenne come il sempreverde.

Accetta docile la saggezza dell’età, lasciando con serenità le cose della giovinezza.

Coltiva la forza d’animo, per difenderti nelle calamità improvvise.

Ma non tormentarti con delle fantasie: molte paure nascono da stanchezza e solitudine.
Al di là d’una sana disciplina, sii tollerante con te stesso.

Tu sei figlio dell’universo non meno degli alberi e delle stelle, ed hai pieno diritto d’esistere.

E, convinto o non convinto che tu ne sia, non v’è dubbio che l’universo si stia evolvendo a dovere.

Perciò sta’ in pace con Dio, qualunque sia il concetto che hai di Lui.

E quali che siano i tuoi affanni e aspirazioni, nella confusione dell’esistenza, mantieniti in pace col tuo spirito.

Nonostante i suoi inganni, travagli e sogni infranti, questo è pur sempre un mondo meraviglioso.

Sii prudente.

Sforzati d’essere felice”.

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