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Enrico Palleva
Mobile Technical Leader
Sergio Terrasi
Frontend Technical Leader
Susanna Ceresa
UX/UI Designer

L’esperienza web senza barriere

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Il tema dell’accessibilità oggi è spesso legato alla rimozione di barriere, siano esse digitali o architettoniche. Il termine inoltre raggruppa un insieme di caratteristiche che democratizza l’accesso e la fruizione di un’esperienza, a prescindere dalla sua natura o dallo spazio in cui si consuma. In realtà questo tipo di accezione necessita di un’integrazione fondamentale: l’accessibilità è spesso fraintesa con l’usabilità. La differenza è legata al target: l’usabilità si riferisce al pubblico target mentre l’accessibilità è orientata verso tutti i possibili utenti.

Con la progressiva riduzione del digital divide (gli ultimi dati ITU indicano una regressione dai 3 miliardi di individui offline nel 2021 contro 2,7 miliardi del 2022), è necessario prestare attenzione al tema dell’accessibilità del web, in quanto sempre più utenti potrebbero trovarsi nella situazione in cui hanno possibilità di essere connessi ma non trovano servizi e piattaforme adatte al tipo di fruizione necessario.

Già nel 1991 Tim Berners-Lee, fondatore del World Wide Web, contemplava tra gli obiettivi del progetto il poter “provvedere l’accesso universale a un vasto universo di documenti”. Nel 1994 Berners-Lee lanciò il World Wide Web Consortium, istituto che si occupa proprio di stabilire standard uniformi sul web. Proprio da questa iniziativa sono derivate le cosiddette “Web Content Accessibility Guidelines”, le quali hanno stimolato la creazione di direttive UE per l’accessibilità di Internet. Da esse ne è derivata la Legge Stanca, promulgata nel 2004 e destinata unicamente alla Pubblica Amministrazione. Al suo interno è contemplata l’Agenzia per l’Italia Digitale, ente preposto all’emanazione di linee guida per lo Stato (sulla base del WCAG 2.1) e vigila sulla conformità.

La Legge Stanca è stata aggiornata a seguito dell’European Accessibility Act, indicando come destinatari del settore privato le organizzazioni con un fatturato medio superiore ai 500 milioni di euro. Su scala globale, però, a non risultare accessibili sono il 97% dei siti web [webaim.org]: al netto di obblighi di legge, questo dato si traduce in una mancata inclusività reale e potenziali occasioni mancate in termini di penetrazione nel mercato, considerando che su scala globale gli utenti interessati ad una forma di accessibilità implementata oscilla tra il 15% e il 20% del totale.

In realtà la normativa è di lunga gittata: anche l’European Accessibility Act richiede l’accessibilità e il supporto di tecnologie assistive nella navigazione per operatori pubblici e privati contemplati nel testo. Per poter adempiere a quanto richiesto sono stati forniti criteri ben precisi.

Il modello P.O.U.R.

Per poter approcciare la tematica in maniera puntuale rispettando i criteri e per poter orchestrare una risposta strategica, è bene partire dalla definizione stessa di accessibilità web, soggetta a interpretazioni numerose. Ad oggi è opportuno considerare l’accessibilità applicata al web e al mondo digitale come la possibilità di accedere alle piattaforme online e di fruire in modo fluido e senza barriere di informazioni e contenuti. Questa prospettiva legata all’accessibilità web si lega al concetto di Inclusive Design, ossia un approccio che contempla metodologie per concepire prodotti o servizi adatti a target di ogni estrazione e abilità.

Per poter allineare portali e servizi presenti online, il World Wide Consortium ha elaborato le Web Content Accessibility Guidelines (abbreviate in WCAG), cioè linee guida di design e di sviluppo front-end. I criteri, abbreviati in P.O.U.R. si riferiscono alla percezione, all’usabilità, alla comprensione e alla solidità di uno spazio web.

Questo tipo di sviluppo previsto per il web non va però percepito come un mero adempimento di legge: le organizzazioni oggi hanno a disposizione un mercato che non solo è inesplorato in numerosi punti, ma è caratterizzato da una domanda crescente che oggi la tecnologia può soddisfare. È pur vero che la tecnologia da sola non è sufficiente e deve essere necessariamente affiancata da fasi strategiche ad hoc: a dover cambiare quindi è il mindset nei confronti del tema dell’accessibilità.

Dall’ascolto all’esecuzione

Per le organizzazioni oggi il tema dell’accessibilità web acquisisce importanza rilevante in quanto non solo ne risulta migliorata l’esperienza in toto per tutti gli utenti, ma un’esperienza accessibile può migliorare sia le performance del prodotto che quella del brand in questione, promuovendo al tempo stesso un concetto attuale di innovazione ed estendendo la portata del brand sul mercato.

Come anticipato, conoscere i criteri contemplati a livello legislativo non è sufficiente: a fare la differenza è il mindset. L’esperienza nel settore di Vidiemme, società del Gruppo BIP, ha portato all’elaborazione di un framework adatto a tutte le organizzazioni.

Le soluzioni del framework, che si diramano in tre direzioni, non sono concatenate ma sono predisposte sulla base di un confronto continuo con il brand e rispetto al grado di supporto necessario in quel dato momento, predisponendo di fatto una soluzione ‘tailored’.

L’assessment è configurato come una fase di verifica e di ascolto: nello specifico è necessario entrare in contatto sia con il target che con la piattaforma stessa. Il matching tra le due parti porta in evidenza le esigenze specifiche relative all’accessibilità della piattaforma, sia essa un sito web o un’app mobile.

Dalla fase di assessment emergono poi le criticità che saranno approfondite nel passaggio successivo, definito ‘Education’. Il termine non è casuale, perché risolvere una criticità nel campo non equivale a risolvere il problema alla radice: sviluppare conoscenze e approfondire le tematiche legate alla criticità riscontrata attraverso consulenze su progetti e sessioni formative in merito all’inclusive design, riduce il rischio di recidività. Inoltre, la fase di education contempla anche un allineamento sulle linee guida vigenti, le quali sono ‘il faro’ che orienta l’intero processo.

Il passaggio conclusivo prima del riavvio della fase è quello di delivery: una volta perimetrate le necessità e avviata l’attività di education per una miglior comprensione e un miglior approccio alle problematiche riscontrate, si passa alla realizzazione della soluzione individuata, ponendo l’attenzione sulle guidelines dell’AgID e del WCAG 2.1. e anticipando di fatto le scadenze legislative sul tema. La fase del delivery, inoltre, contempla una fase di test continua e specifica verso gli utenti per verificare sia l’attualità che l’efficacia della soluzione individuata per aumentare il tasso di accessibilità della piattaforma. La fase è costante perché una scelta accessibile oggi non è detto che lo sia domani o che non abbia un’alternativa migliore.

Una reale inclusività di business

In un mercato sempre più digitale, le accezioni di usabilità e accessibilità sono parametri indispensabili per le fasi decisionali legati agli aspetti informatici e non adempimenti legislativi da ‘accettare e incorporare’. La loro importanza è duplice: sono rilevanti sotto l’aspetto sociale – scongiurando discriminazioni ed esclusioni – e sotto il profilo economico, in quanto solo offrendo maggiori e migliori possibilità di interazione si ottengono nuove potenziali opportunità di business.

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